La
Venezia della mia infanzia.
Città
magica comunque nonostante l'odore di acqua marcia e del piscio dei
gatti nelle calli, la nebbia e l'acqua alta.
Città
difficile... da amare o odiare.
Amo
la Venezia di quel tempo e odio quella di adesso travestita da luna
park, volgare, pacchiana e kitsch. Sono anni che me ne sono
allontanato.
Ricordo...
Ho
abitato con i miei nella vecchia casa di famiglia fino alla morte del
nonno, il patriarca della famiglia, ufficiale di marina a riposo, un
vecchio burbero dalla criniera candida e folta barba bianca,
autoritario eppur tenero a modo suo con noi bambini e che pretendeva
che tutti vivessimo sotto lo stesso tetto. Il suo. In caso contrario
minacciava i renitenti con ogni più terribile sanzione!
Diseredarli. Disconoscerli.
Eravamo
una famiglia benestante, il vecchio aveva ottenuto per il suo
trascorso militare nella guerra mondiale due concessioni di monopolio
di sale e tabacchi.
E
il nostro vivere fino a che lui visse era conforme a questo nostro
benessere.
Per
esempio? Il Carnevale a Venezia non finiva certo con la quaresima,
nossignore!
Continuava
ben oltre, era sempre evidente la voglia di fuggire la realtà
rifugiandosi nell'effimero che è la caratteristica di questa città,
che vive ancora così. Una volta potenza mondiale e poi
ridimensionata dal tempo. Noi eravamo in maschera per buona parte
dell'anno. Era sempre divertimento.
E
le vacanze in terra ferma d'estate? Una folla, noi, che si trasferiva
in qualche casa della riviera del Brenta.
Eravamo
una moltitudine in quella casa.
Il
vecchio aveva avuto dieci figli e li voleva tutti accanto da
comandare come il suo equipaggio quando era su una nave della regia
marina, ma era un comandare benevole a volte affettuoso.
Eterogenei
i suoi figli... eh?
Che
io ricordi... c'era un avvocato, non so se lo era davvero, era sempre
in pantofole in casa, poi... di sicuro un prete e una suora che
venivano a tratti, ricordo poi lo zio Romano come un fascista
nostalgico e nulla facente, per bilanciare c'era uno zio comunista
sfegatato... Nino, che viveva di slogan di Stalin, poi... gli altri,
mio padre geometra, la zia Ninetta... poi?
Non
ricordo tutti e non ho modo di attingere ai ricordi altrui e c'era
infine una marea di bambini... uno sciame!
La
casa era vecchia, una casa di quattro piani più sottotetto in una
calle adiacente a Campo San Polo, grande... grandissima, una miriade
di stanze comunicanti fra loro, veramente... credo che non esistesse
a quel tempo una vera intimità per le varie coppie. I litigi erano
frequenti. Ma il vecchio teneva comunque tutti sotto controllo.
La
casa era aggettante... forse non sapete come erano costruite le case
a Venezia nei tempi passati. Il commercio... si svolgeva in una sala
che dava direttamente all'aperto sulla calle e poi piano per piano...
la casa si allargava, prendeva spazio... quello spazio che non poteva
recuperare altrimenti. Insomma... il piano più alto sporgeva oltre
un metro dal perimetro della base.
Che
ci fossero tresche amorose in famiglia? E storie di corna?
C'erano...
a volte io bambino entravo in una stanza e tutti si zittivano, gli
adulti dico. Le ultime parole che sentivo pronunciare dagli adulti
era di solito... povera Ninetta... era lei la protagonista. Quella io
so.
Zia
Ninetta era sposata con zio Pepi, un uomo robusto anzi corpulento,
massiccio che lavorava al porto. Insomma... lui la tradiva, ma con
chi?
Non
è che mi interessasse poi molto. Ero più preso dai mille giochi,
dai tuffi in laguna alle gite in barchino, da una infinità di altre
cose.
Chi
soffriva di più la situazione di convivenza forzata era mia madre,
donna puritana e in un certo modo altezzosa nei modi, forse per via
della sua provenienza da una famiglia con deboli legami con la
piccola nobiltà. Litigavano spesso lei e mio padre, ma lui... non
voleva lasciare la casa paterna, ribatteva che non poteva farlo.
Ciò
comunque avvenne a breve distanza dalla morte del vecchio.
La
famiglia brevemente si disgregò, ognuno prese la sua strada.
La
casa venne venduta e il ricavato diviso.
Presumo.
I
negozi? Non lo so...
L'arcano
della tresca fra zio Bepi e la sua amante misteriosa mi fu svelato in
quella notte in laguna.
Avevo
otto anni. Poco dopo morì il nonno.
La
notte del Redentore era magica, la laguna davanti a San Marco si
riempiva di imbarcazioni con lanterne colorate e si aspettavano i
grandi fuochi d'artificio. Fra la Giudecca e le Zattere veniva messo
in opera un ponte di barche. Era una magnifica festa. Si tornava a
riva con le luci dell'alba.
Il
vecchio prendeva una grande imbarcazione a noleggio, grande, non so
come si chiamasse quel tipo di barca... forse burchio? Davvero
enorme, veniva approntato un tavolo per tutta la sua lunghezza e
delle panchine al bordo del natante.
Poi?
A poppa e prua c'erano viveri in abbondanza, vino... diverse
damigiane di vino e altre mille cose.
Oltre
a noi familiari c'erano amici del nonno, altri parenti.
Si
prendeva posto nella laguna già nel tardo pomeriggio per avere un
posto migliore.
Ma...
come sbrigare i propri bisogni corporali? Si tornava all'antico. Per
gli uomini era più facile, andavano a poppa, si volgevano verso il
mare e si liberavano. Ma le donne?
Diventavano
per necessità un po' spudorate, si sedevano sul bordo e con un
artificio di equilibrio pisciavano in acqua. Noi bambini le
guardavamo e ridevamo. Mia mamma no... non l'avrebbe mai fatto, penso
ma non lo so con certezza che si fosse portata un bacile o qualcosa
del genere da usare come pitale.
Si
mangiava e beveva fino a quando, a mezzanotte, iniziava il grande
spettacolo pirotecnico. Più che mangiare ora era il bere, per gli
uomini dico ma non che le donne restassero molto indietro, bevevano
anche loro, si rideva, si cantava... qualcuno suonava la fisarmonica,
raccontavano barzellette sconce che non capivo. Finito lo spettacolo
subentrava la stanchezza, qualcuno si assopiva stendendosi sulle
panche, altri posavano la testa sul tavolo. Si attendeva l'alba.
La
mia curiosità... era rivolta al mondo femminile.
Mi
piaceva immensamente zia Fiameta, diminuitivo di Fiamma, sposata con
il più giovane dei fratelli, zio Nane. Era graziosa, delicata e
molto affettuosa con noi bambini, con me in particolare... mi pareva.
Bionda, incarnato pallido.
Se
si potesse definire innamoramento l'infatuazione di un bambino di
otto anni... ebbene ero innamorato di lei. L'avevo guardata
interessato mentre si sedeva per orinare in acqua ma vidi solo un
balenio di carne bianca. Era, ai miei occhi, splendida.
Ma
fu anche la mia prima delusione amorosa.
Mi
assopii... mi risvegliai... cercai con gli occhi Fiameta, ebbene...
era a poppa che parlava con zio Bepi, lui cercava di abbracciarla,
lei resisteva,
poi...
ambedue rivolsero una occhiata circolare al battello, la gente
dormiva... alcuni erano ebbri di vino, di certo lo era Nane il marito
di Fiameta e zia Ninetta. Sicuri di ciò... lui la costrinse piegata
in avanti, lei appoggiò le mani al bordo della barca, lui le alzò
la gonna e vidi di nuovo il biancore del suo sedere, poi... lui che
si appressava e i movimenti del coito. Ne restai enormemente deluso.
Ecco
chi era l'amante dello zio Bepi, uomo volgare e sanguigno.
Era
la mia adorata zia Fiameta... eterea e delicata.
Non
capivo, non mi capacitavo... ma poi brevemente il tempo guarì quella
superficiale, infantile ferita al cuore.
Ma
lei era davvero bella. Lui invece un orrido animale.
Finisce
qui il mio ricordare, il vecchio morì e ci fu un funerale
meraviglioso. Decine e decine di gondole e imbarcazioni ornate a
lutto e dopo la sua tumulazione... una festa senza eguali.
Poi...
lasciai quella casa e le mie radici.
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