mercoledì 24 aprile 2019

DIARIO PRIMAVERILE.



Lo Shadu e l'Everest.






Pensieri sparsi e confusi...

Ricordo che da ragazzo amai molto un libro.
Era Diario Sahariano di Roger Frison-Roche, alpinista ed esploratore, raccontava delle sue scalate sulle montagne dell'Haggar nel deserto sahariano. Del suo lungo soggiorno nel deserto. Parlava di solitudine e di silenzio. Di lunghe ore di meditazione. Di una crescita morale. Di fuga dalle sollecitazioni esterne. Della capacità di metabolizzare la natura.

Da allora rientra fra i miei sogni vivere così quel deserto.
Ma so che non succederà mai.

Aprile.
Colloquio notturno.

...mi sono distesa sotto le coperte e ho iniziato a toccarmi
a far scivolare la mano lungo la pancia, fino a scendere
mi sono sfiorata con le dita
ho immaginato fossero le tue
ho immaginato fossi tu a volermi scopare prima di dormire
ho allargato le gambe e ho continuato a toccarmi
tra le mie gambe c'eri tu che puntavi il cazzo
era durissimo e lo sentivo spingere
ti sei abbassato di piu' su di me e stringendomi dalla vita hai iniziato a penetrarmi
strisciavi lentamente ma in modo costante
sempre più dentro
e una volta entrato tutto mi hai stretta più forte e con uno scatto ti sei trattenuto tutto dentro facendomi gridare
sentivo le pareti del fondo spingere fortemente
e l'arrivo di un orgasmo
davvero da lontano
poi hai iniziato a scoparmi in brevi colpi
ma forti
lo ritraevi e rientravi in un colpo solo, con forza
avevi il volto calato sui miei seni e mi scopavi
sentivo il tuo respiro pesante sul collo
e mi dicevi quanto ti piacesse scoparmi e quanto fossi puttana
mi dicevi di come mi avresti mangiato la fica dopo avermela arrossata dal troppo fottere
più parlavi e più mi stringevi come fosse una morsa
e ti sentivo tutto addosso e tutto dentro
mi sembrava di non venire mai
poi e' arrivato un orgasmo lentissimo ma forte
ho sentito le gambe vibrare e la fica sciogliersi
ho continuato a toccarmi... tu lo avresti fatto
ma dopo un po’ non ce l'ho fatta più e sono crollata dal sonno!

Marzo.
Il biotopo.

E' freddo.
Sono annoiato e... vorrei partire. Sto scrivendo della Bolivia ma non ci sono mai stato. Del Potosì... terra di miniere e di schiavi, schiavi allora e schiavi ancora oggi. Tempo fa non avrei esitato un attimo e sarei partito, ma ora sono legato qui con delle catene, eppure dovrei andarci, mi manca di conoscere l'atmosfera di quella città posta a 4000 metri di altitudine. Dò a questa impossibilità la colpa del mancato progredire del mio libro.
Infantilismo.

Ho voglia di uscire.
Ti dico di vestirti!
Andiamo al biotopo. In questa stagione ci sono le anitre che svernano.
Ti dico anche di coprirti bene che fa freddo.
Il biotopo e' un lungo stagno e mentre camminiamo lungo la sua riva si alzano in volo stormi di anatre spaventate dal nostro arrivo. Cammini davanti a me e non parliamo molto.
Tu presa dalle tue preoccupazioni e io dal mio egoismo.
La vita in comune e' una altalena. Conosce alti e bassi. E non e' colpa di nessuno se non sono sempre rose e fiori.
Lo stagno e' contornato da un sentiero e nel punto nel quale l'acqua riprende il suo cammino verso il fiume c'è una torretta d'osservazione. Una scaletta e un piano sopra del quale un tetto schermato da canne. Delle feritoie permettono di osservare i volatili. Ti faccio salire davanti a me e mentre lo fai vedo la forma del tuo culo. Hai una gonna comoda e dei collant.
Sento il bisogno di te.
Ora.
Sesso come anestetico.
Come droga.
Il solito bisogno di annullarmi.
Su.. raggiunta la piccola piattaforma ti spingo contro il parapetto e ti bacio. No, non e' un bacio, ti mordo la bocca. Ti prendo le labbra fra i miei denti e stringo.
Ti divoro.
Senti la mia frenesia?
Il bisogno di averti?
Si... collabori, piacciono anche a te queste cose all'improvviso e i luoghi dove succedono.
La mia mano ti cerca sotto, prima ti accarezza forte sopra il collant e gli slip e poi li bypasso da sopra, raggiungo la tua fica che è già umida e ti masturbo... ti strizzo forte il clitoride fino a farti gemere, ti metto le dita dentro, le bagno e me le porto alla bocca, ti succhio, le rimetto e ti faccio godere... con te aggrappata con le mani alle mie spalle, i nostri ansiti che si confondono, la mia bocca che ti tormenta...
Vieni... godi...! Ti dico quanto sei puttana. Quanto ti desidero.
Tu... sotto orgasmo ti senti cedere le gambe e ti aggrappi a me.
Ti lascio... davanti a te mi inginocchio e ti abbasso collant e slip, vedo la tua fica bagnata... aperta. Te la lecco brevemente... e alzandomi ti faccio voltare e appoggiare con le mani, hai il culo nudo... offerto. Mi piego e te lo lecco, ti bacio... mentre con le mani ti penetro davanti.
Si... ora mi alzo e ti prendo... forte. In fica. Ti sbatto. Sento i colpi contro le tue natiche e mi eccita. Ti tengo forte per i fianchi e ti alzo quando ti penetro a fondo.
Dura una eternità, tu che vieni. E io che non ci riesco. Sento il piacere che arriva... è li'! E poi si ritira. Il cazzo duro che mi fa male.
Ti dico per eccitarti maggiormente che sta arrivando gente, che ti vedranno... puttana che sei! E questo... ti fa venire ancora e ancora.
Mi levo... devo godere anch'io e in questi casi mi è possibile solo masturbandomi forte. Lo fai tu... in piedi accanto a me. Mi meni veloce... scopri e ricopri la cappella congestionata e finalmente vengo e sborro l'anima sul pavimento di legno della piattaforma.
Poi continuiamo il giro dello stagno dalla parte opposta.
Ora parliamo.
Il sesso ci ha riavvicinati. Ha bruciato le tossine.

Sesso come medicina.
Come sempre.

Aprile.
Quando fra uomini si parla della vita e di donne.

Parliamo della vita...
Il mio amico C. è una persona da prendere con moderazione.
E' davvero come certi medicinali. Se lo vedi una volta ogni tanto magari ha su di te un effetto benefico, ma se invece ne abusi ti fa male.
Oggi ho voglia di vederlo e farci due chiacchiere, ma non gli telefono. Se non c'è mi va bene lo stesso. Abita in montagna in un posto isolato. Ha venti gatti.
Fa il ceramista... pittore e scultore. Un artista insomma e ha più o meno la mia eta'.
E' un bell'uomo.
Si. Non alto.. sul metro e settanta o qualcosa di più. Capelli grigi lunghi tenuti a codino, baffi e pizzetto, bei denti e occhi grigi sorridenti. Magrissimo ma si vede che e' forte fisicamente. I suoi muscoli guizzano sotto pelle quando si muove.
Non e' molto che ci conosciamo. Ma fra noi fu subito simpatia. Lui per vivere fa dei lavoretti, non vive con i suoi lavori d'artista. O non vuole. Odia la commercializzazione della sua arte. Un po' come me con i miei lavori.
Basta esami dalla vita per noi.
Mi sa che ci emarginiamo volontariamente, ognuno a suo modo.
Parlando.. abbiamo rilevato fra noi molte analogie, ma anche molte differenze.
Una gioventù nel Movimento Anarchico, lui all'università da intellettuale e io sulla strada perso scioccamente nella guerriglia urbana.
Ora parliamo delle disillusioni. 
Del perché essersi sfiancati in cose che non hanno prodotto frutti ma solo scorie velenose.
Ma lui e' diverso.
Io a volte lo ammiro e a volte lo compiango.
E' una anima candida o sono io una anima dannata? Si, più probabile questo.. che il dannato sia io.
E' sposato e ha una figlia. E ora non sa dove siano. Né l'una né l'altra. Ne parla con leggerezza. E io questo non lo capisco. I miei rapporti con le donne sono tempestosi ma senza passione non riesco a vivere.
Sono consapevole della necessità di uscire dal girone infernale dei desideri ma tutto sommato considero ciò una utopia. Bellissima e affascinate, ma utopia.
Lui ha avuto una vita fortunata, diciamo.
Una famiglia abbiente che lo ha guidato nel corso della vita. Un lavoro importante che poi ha abbandonato per scelta. Si è ritirato in questa casa avuta dai genitori. E ora vive di poco.
Io? Una vita difficile. 
Sempre burrasche e scogli sulla mia rotta fino a quando non sono rinato a nuova vita.
So che a casa sua non si mangia e mi sono premunito a dovere.
Lui mastica dell'uva secca. E' la sua cena. Io ho con me formaggio stagionato, pane e vino.
Una bottiglia di vecchio vino che mi bevo da solo.
Lui asceta e io crapulone.
C'è l'atmosfera di un cenobio fino a questo momento.
Parliamo di donne.
Io gli chiedo di sua moglie, dove è. Non lo sa. Lei non vive più con lui da quando ha rinunciato alla città, pensa che stia con uno in Campania o roba così.
Gli chiedo se scopa, se ha una donna qui.
No.. non scopa più.
Ma si masturba? Come fa con il sesso?
Quando sente il richiamo... dice... va nel suo atelier e se la prende con un tronco d'albero, lavora e il lavoro gli fa dimenticare il sesso.
E la figlia?
Non sa. E' in giro.
Poi chiede della mia vita. Delle donne. Di cosa scrivo.
Gli racconto qualcosa, una infinitesima parte e lui scuote la testa. Non approva.

Io non giudico lui ma lui giudica me?

Mi chiede perché non ho figli.
Mi chiede cosa voglio dalla vita. Se lo so.
No.. so solo che non voglio stare solo.
Se sono solo i ricordi tornano e mi cavalcano nel cervello. Sento solo il loro galoppo, i loro zoccoli che tambureggiano e il rumore mi fa impazzire.

No, non so cosa voglio dalla vita.
Oppure quello che voglio e non lo posso avere e quindi?

Ora lui mi e' involontariamente ostile.
Come quelli che credono ciecamente in qualche cosa si sente superiore a chi che come me non credono in nulla. 
Il suo atteggiamento non e' voluto ma io lo rilevo e mi da fastidio.

La perfezione e' presunzione.
La certezza e' presunzione.
Io vivo di dubbi.
Lo saluto.. sono stanco.
E sulla strada del ritorno mi sento leggero.


Aprile.
Al ristorante.

-Forse sto cambiando...-
-Capita di cambiare no? Bisogna solo accettarlo...-
-Si certo, ma non so se mi piace.-
-Spesso non si cambia... solo emergono aspetti di noi che non conoscevamo ma che c'erano già...-

Atmosfera da -Improvvisamente l'estate scorsa-.
Il dialogo è come nel film di Mankiewicz, quello tratto dal lavoro teatrale di Tennessee Williams che parla di omosessualità maschile e che per i tagli della censura si finiva a non capire niente di niente.
Così come fra noi, cose dette e non dette.
Discorsi ermetici. Involuti. Cose solo accennate. Volontà di non approfondire. Timore.
Stiamo risalendo a piedi il corso di un torrente di montagna. Ogni tanto rovine di vecchi mulini che utilizzavano la forza dell'acqua per muovere le pesanti macine. Segherie diroccate.
Nessuno vive più qui ora.
Più in basso ruderi rimessi a seconde case e abitate solo per un mese all'anno.
Arriviamo alla cascata.
Ora e' silenzio fra noi. Un silenzio pesante come piombo.
Ricordo le tue risate, il trillo garrulo della tua voce. Mi pesa il cambiamento. Voglio la tua gioia e so che non è possibile fartela recuperare. Non ora.
Lungo il ritorno passiamo vicino ad un parco, gente che fa del barbecue. Più in giù il ristorante dove mangeremo.
La tua richiesta.
Lasciamo la strada sterrata e ci nascondiamo dal passaggio continuo di gente.
Ti abbassi i jeans e gli slip bianchi che porti e ti accovacci. Sento lo scroscio e voglio la tua pioggia dorata nella mano. Mi metto vicino a te e metto la mano sotto. Uhm... sei calda. Riempio la mano e la porto alla bocca. Ti bevo. Sei salata.
Ti costringo a stare così, sei aperta e ti masturbo. Sei bagnata. Ti vorresti ribellare, alzarti e rivestirti, ma presto la cosa ti prende, ora godi anche tu della situazione, senti le voci di chi passa a pochi passi e questo ti eccita. Ora vuoi anche tu. Ora vuoi godere. Ora sei di nuovo la mia puttana. 
Quella che voglio.
Mi dirai poi che in quella posizione sentivi l'aria fresca fra le cosce e che ti sentivi tutta aperta e disponibile.
Io che godevo del tuo godimento.

Nel parcheggio del ristorante gente che festeggia un battesimo. 
Fra loro una ragazza.
Bellissima. 
Un vestito corto alle cosce colore pastello. Cosa potrà avere? 16 anni?
Tu vedi che la guardo con piacere. Sono dell'idea che una bella donna è da ammirare come un bel quadro. Ammirazione, niente altro che questo.
Ma al tavolo, mentre lei... la ragazza è fra la gente del battesimo... inizia il gioco. 
Mi chiedi cosa farei a quella ragazza. E io te lo descrivo... come passerei la mano fra le sue cosce, come sposterei il leggero slip che indossa e come la masturberei piano. Senza fretta né violenza... come la preparerei.
Tu... che mi dici... che vorresti essere tu a prendermi il cazzo in mano e metterglielo dentro, che mi inciteresti a deflorarla quella verginella.
Che mi spingeresti dentro... mettendoti dietro di me.
Che la baceresti in bocca per nascondere i suoi gemiti di dolore e che poi... leccheresti il suo sangue di vergine e il suo imene rotto.
E mentre mangiamo continua il gioco.
La guardiamo e la scopiamo con gli occhi. Ora ti descrivo il resto... io sono disteso sulla schiena e l'ho presa nel suo bel culo e tu la stai leccando.
E... mentre i camerieri vanno e vengono finiamo per masturbarci, io ho aperto la patta... fatto uscire il cazzo e lo sto masturbando piano sotto il tovagliolo e tu con la mano inserita nei tuoi jeans ti stai toccando.
Impossibile usare il gabinetto per una scopata veloce, c'è addirittura una fila continua di gente che vuole usufruirne.
Tu godi.
Ti vedo socchiudere gli occhi e morderti le labbra. E dopo un po' vengo anch'io, trattengo il grido belluino che ho voglia di emettere e sborro nel tovagliolo.
Poi... finalmente possiamo mangiare e dare la nostra attenzione al cibo.

La ragazza e' sempre più bella, ora sembra una madonna, una giovane madonna.
Viene fotografata con la bimba neonata in braccio e ci associamo al naturale applauso della gente del ristorante che il bel quadro provoca.
Lei sorride.

-Vorrei sapere chi è l'uomo che indossa i miei vestiti, che usa il mio corpo e la mia mente...-


T.

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