venerdì 7 settembre 2018

L'addestratrice (1)

La storia è sostanzialmente vera. L'autore l'ha ripresa da un fatto di cronaca e romanzata, a dimostrazione, se necessaria, che la realtà spesso è più fantastica della immaginazione. Conscio che il contenuto è scabroso... avvisa. Il racconto può essere letto per curiosità, magari anche con interesse, al limite con partecipazione. Chissà. E dato che è esplicito fin dalle prime righe si può capire di che parla e può essere ignorato senza problemi.
Per chi vuole proseguire... buona lettura.

...Il mio nome è Mathilde, sono nata in un paese minuscolo vicino al lago Neusidler, in Austria, ma la mia famiglia proviene dall'Ungheria e precisamente dalla città di Sopron da dove è fuggita dopo l'inizio della dominazione sovietica.
Abbiamo, per tradizione familiare, sempre operato nel ramo dell'allevamento di cavalli e cani di razza. Mio bis-bis-nonno, per esempio, allevava cani spinoni che erano molto richiesti dalla corte asburgica per la caccia. Cani magnifici... raccontava mio nonno, perfetti per la caccia al fagiano e al gallo cedrone di montagna. Un cane di antica memoria dato che è raffigurato in un affresco del Mantegna a Mantova.
Dopo la prima guerra mondiale e l'avvento del nazismo, la mia famiglia si dedicò all'allevamento dei pastori tedeschi, selezionò lungamente la razza ottenendo esemplari sempre più coerenti con l'ideale stesso dell'animale. Forte, fedele e all'occorrenza feroce, e... la mia famiglia diventò la principale fornitrice di cani addestrati per le Schutzstaffeln, le famigerate SS di Adolf Hitler, che utilizzarono i cani in maniera indegna e inumana nei tremendi campi di sterminio.
I cavalli furono abbandonati molto prima, la mia famiglia, che si era specializzata nell'allevamento dei cavalli lipizzani, quelli ancora utilizzati nella Scuola Spagnola di Equitazione di Vienna, decise che non era più remunerativo allevarli.
La mia famiglia lasciò quindi l'Ungheria anche per evitare rappresaglie dovute alla nostra collaborazione di fornitori con la Germania nazista. Non furono tempi facili e molto ci costò il reinserimento, ma appena possibile si riprese con l'allevamento di cani. Sempre i pastori tedeschi in maggior numero, poi... i riesenschnauzer, i rottweiler e i minuscoli e capricciosi bassotti tedeschi a pelo ispido.
Il nostro allevamento divenne molto rinomato per la serietà e correttezza di comportamento. Intanto la vita proseguiva con i suoi alti e bassi, gioie e dolori, mio padre morì che ero ragazza e della famiglia, una volta numerosa, restammo solo mia madre ed io. Venne ridimensionato anche l'allevamento che anche se avevamo dei collaboratori che ci aiutavano non stava andando per il meglio dato che mancava l'opera innovatrice di mio padre.
Poi la svolta.
Devo dire che non fu voluta ma quasi imposta. Un giorno mia madre tornò da un colloquio stravolta. Avevo allora diciannove anni, ero fidanzata con un bravo ragazzo del paese con il quale sognavo di sposarmi presto. Facevamo l'amore in maniera tenera e con lui provavo molto piacere pur essendo, dopo l'incontro, sempre irrequieta, nervosa, come se mi mancasse qualcosa.
Ebbene... non fu facile per mia madre comunicarmi il senso del colloquio. Era stata dalla Baronessa Von E. che abitava in un castello vicino ad Eisenstadt, una donna bella e ricchissima. Alla Baronessa era appena morto il cane e lo voleva sostituire ma... lo voleva addestrato e che fosse di un carattere docile, fedele e... appassionato.
"Appassionato?" chiesi a mia madre, "Si" rispose "la puttana vuole un cane per farci sesso...!".
Ora... chiunque abbia avuto cani, donne intendo, sa che comunque sono attirati dall'odore femminile, dal mestruo specialmente e che tendono a infilare il loro muso fra le cosce in un istinto incontenibile. Si sa anche che... ci sono donne che usano i cani come compagno di sesso, ma è una cosa da tenere segreta, mai ostentata, da vivere nella massima intimità.
"Lo vuole già addestrato... la puttana...!" Continuò mia madre con una voce piena di rabbia.
"Avrai rifiutato... mamma!" Replicai con veemenza.
"Certamente! Ma sa che siamo in difficoltà e mi ha fatto una offerta pazzesca... pensa... è arrivata a cinquantamila scellini!".

(Nota dell'autore: circa cinquanta milioni delle vecchie lire).

Che eravamo in difficoltà era vero, colpevolmente non avevamo pagato le tasse degli ultimi tre anni per le difficoltà incontrate e questo minacciava di farci espropriare dallo stato tutto quanto avevamo.
"Ma cosa vuole alla fine?" Chiesi angosciata.
"Vuole un cane pastore eguale a quello che aveva e che sia adatto alla monta... insomma che abbia un buon carattere e mostri passione per le donne. Ci chiede di... addestrarlo... ci offre un anticipo della metà della somma, e la consegna... a tre mesi...".
Ero esterrefatta! Mai avevo pensato al sesso con un cane! La cosa mi sembrava davvero inconcepibile. E ora... mamma, a parte il suo sfogo rabbioso, mi sembrava possibilista, certo che con venticinquemila scellini si poteva pagare le tasse, le multe e poi... con il saldo... ripartire.
"Sai... Mathilde... ero piena di rabbia contro quella puttana della Baronessa, ma mi è venuto subito in mente Klaus...".
Klaus era il mio cane preferito tra quelli dell'allevamento, aveva un anno ed era bellissimo. Avevamo in programma di farlo diventare il nostro maschio riproduttore, colui che ingravidava le femmine... insomma. Ma era ancora troppo giovane per il compito.
"Klaus? Ma mamma...?!".
"Lo so... Mathilde... lo so...".
"E chi dovrebbe addestrarlo? Io no... eh? Non ci penso proprio..."
"Non possiamo farlo fare da nessun altro. Lo farò io... ma tu dovrai aiutarmi... essere presente...".
"Ma io... io... voglio sposarmi... come posso dirlo a Werner? Mammaaa...!"
"Non dovrai dire nulla a nessuno! Nessuno dovrà saperlo! Mi capisci.? NESSUNO... nè Werner nè altri... insomma deciditi...! Lo facciamo o no?"
Allora non lo sapevo, ma in seguito... la mamma mi confidò che la cosa, sia pur imposta dalle circostanze, in fondo in fondo... l'attirava. L'idea la inquietava sessualmente.
"Come facciamo...?" Chiesi.
"Iniziamo con poco... lo tocchiamo... cerchiamo di farci leccare... che prenda piacere a farlo...".
"Anch'io?"
"Se vuoi... Mathilde... solo se te la senti... altrimenti lo farò da sola..."
Ho intenzione di raccontare la verità e confesso che il pensarci mi dava un brivido, c'era di tutto in quel mio turbamento, disagio... profondo senso di disgusto e alla fine... un senso di vuoto al ventre. Come quando aspettavo Werner per fare l'amore. Possibile che io provassi questo?
"Va bene mamma... sono con te... lo facciamo..." dissi.
"Va bene... ora torno... le do conferma prima che interessi qualche altro allevamento... prendo l'anticipo e saldiamo le tasse...".
Mamma mi lasciò con urgenza e io uscii, mi ritrovai a percorrere il tratto che mi portava al recinto di Klaus. Entrai... gli misi il guinzaglio e lo portai a fare una passeggiata. Era felice e impaziente, voleva correre e giocare ma nello stesso tempo era molto disciplinato. Avevo curato io stessa il suo addestramento, obbediva ad ogni mio comando senza esitazione. Volevo bene a Klaus e mi ritrovai a chiedermi se gli stavo facendo del bene a volerlo usare come era in programma. Avrebbe sofferto? Si sarebbe sentito usato? Oppure... per lui montare una donna era come montare un cagna? Non vedeva la differenza? Non sapevo darmi una risposta.
Mi fermai sedendomi sotto un albero e lo lasciai scorrazzare libero. Ogni tanto tornava felice e mi leccava il viso. Infine... si sedette soddisfatto vicino a me. Seduto che era, vidi, con una nuova curiosità, spuntare la punta del suo pene dal cappuccio di pelo che lo copriva. Era rossa e lucida. Cosa fu che mi spinse la mano ad accarezzarlo proprio lì? Lo massaggiai e feci in modo di liberare per buona parte il pene. Fra le altre cose, la Baronessa voleva un cane ben fornito, che fosse grosso e lungo. Ebbene, Klaus lo era pienamente! Era proprio ben fornito! Gli massaggiai ancora i testicoli poi... mi vergognai profondamente e smisi. Naturalmente come allevatrice avevo assistito e a volte anche aiutato nelle monte, ma quello che avevamo in programma mi disturbava profondamente.
Tornammo a casa.               

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