sabato 31 agosto 2019
SAMARA.
Ci sono dei posti magici al mondo, lo
sapete vero?
Uno è la spiaggia di Samara, è situata nella penisola di Nicoya in Costarica.
E' una magnifica baia al riparo dalle intemperanze dell'oceano Pacifico.. mare che di pacifico ha solo il nome, è pescosa e con uno splendido sfondo di foresta tropicale.
Playa Samara ha una storia.
E' maledetta.. ogni amore è destinato a finire a Samara e ogni amore qui nato non ha speranza.
Si, lo so.. suggestioni.. ma io ci credo.
Uno è la spiaggia di Samara, è situata nella penisola di Nicoya in Costarica.
E' una magnifica baia al riparo dalle intemperanze dell'oceano Pacifico.. mare che di pacifico ha solo il nome, è pescosa e con uno splendido sfondo di foresta tropicale.
Playa Samara ha una storia.
E' maledetta.. ogni amore è destinato a finire a Samara e ogni amore qui nato non ha speranza.
Si, lo so.. suggestioni.. ma io ci credo.
Tutto nasce da una leggenda.
Waìla è la figlia di un capo tribù del Guanacaste, la regione del nord-ovest del paese e vive un contrastato amore con Tapaligui, giovane bello e aitante, ma inviso al potente padre perchè di rango sociale inferiore, i due giovani decidono di fuggire e con una canoa seguono la costa fino a giungere in questo posto incantato, ove si fermano e vivono felici...
La natura è loro propizia e dispensa i suoi doni a piene mani, pesce... molluschi... frutta.
Dice la leggenda che Waìla amava cantare e che Tapaligui componeva canzoni per lei.
Una delle canzoni si chiamava Sa'-mara e la giovane rinuncia al suo e prende questo nome... Samara.
Ma..
In ogni vicenda umana c'è il cattivo, in questo caso un guerriero della tribù che per ingraziarsi il vendicativo padre attraversa mari... fiumi... foreste... paludi... insomma fa miracoli fino a raggiungere i due amanti, riesce ad uccidere Tapaligui e cerca di portare indietro Samara.
La giovane donna si uccide e prima di farlo lancia una maledizione su Samara... qualsiasi passione nata o vissuta su questa spiaggia è destinata al naufragio!
La leggenda esiste.
Non è mia invenzione.
Quando ci andai, una vita fa... era e lo sarà ancora, una delle più belle spiagge del Costarica e probabilmente del mondo.
Sabbia dorata... un lungo arco fra due promontori e di fronte una isoletta che rompe i frangenti dell'oceano.
Non conoscevo la leggenda.
Non la conoscevamo.
Prendiamo alloggio in una pousada, poche stanze semplici, una ventola sul soffitto, niente aria condizionata, le finestre aperte alla brezza dell'oceano, le zanzariere solo per non far entrare le falene, niente zanzare... solo i gechi sulle pareti.
Sul retro una piccola piscina, dove di notte, sotto la sferza del vento del mare, cadono le noci di cocco schiantandosi sul cemento del bordo.
E' caldo.
I nostri corpi sono lucidi di sudore.
Siamo nudi.
Lei è sposata.
Ha detto al marito che va una settimana in Florida a trovare una cugina e invece dall'aeroporto... anzichè partire per Miami si imbarca con me su di un Piper a noleggio per Nicoya.
Da qui in auto a Caimatilito e poi Terciopela.
Terciopela?
Curioso il nome vero?
E' un posto
infestato dai terribili terciopelo, alias fer de lance, ferro di
lancia, aggressivi crotali dal morso mortale, mi stupisce pensare che
terciopelo vuol dire "velluto"! Volendo si riesce a mutare
tutto in cose gradevoli.
E poi finalmente Samara.
La nostra relazione era iniziata mesi prima, una... due volte alla settimana ci troviamo, si fa sesso e ci giuriamo eterno amore.
Passionale... la mia Damasita.
Bruna.
Più vecchia di me di almeno dieci anni ma bella, molto.
Due giorni di passione sfrenata dura la nostra luna di miele, solo due giorni.
Due giorni nei quali dormiamo pochissimo. mangiamo ancor meno.
Due giorni nei quali non ci laviamo.
Il letto... il pavimento... il bagno, ogni mobile... tutto usato per darsi piacere, una frenesia assoluta e assurda.
Io... che pur eccitato non riesco più a venire, a godere, il mio piacere è tutto mentale, il godere di darle piacere, di sentire le sue urla, i suoi gemiti, di sentire le sue unghie aprirmi la schiena e i suoi denti farmi sanguinare e vedere il suo di sangue, il rivolo che vedo uscire e che lecco dal suo ano martoriato che ho posseduto da animale.
Il nostro cercarsi, rincorrersi, prendersi. I baci senza fine.
E poi finalmente Samara.
La nostra relazione era iniziata mesi prima, una... due volte alla settimana ci troviamo, si fa sesso e ci giuriamo eterno amore.
Passionale... la mia Damasita.
Bruna.
Più vecchia di me di almeno dieci anni ma bella, molto.
Due giorni di passione sfrenata dura la nostra luna di miele, solo due giorni.
Due giorni nei quali dormiamo pochissimo. mangiamo ancor meno.
Due giorni nei quali non ci laviamo.
Il letto... il pavimento... il bagno, ogni mobile... tutto usato per darsi piacere, una frenesia assoluta e assurda.
Io... che pur eccitato non riesco più a venire, a godere, il mio piacere è tutto mentale, il godere di darle piacere, di sentire le sue urla, i suoi gemiti, di sentire le sue unghie aprirmi la schiena e i suoi denti farmi sanguinare e vedere il suo di sangue, il rivolo che vedo uscire e che lecco dal suo ano martoriato che ho posseduto da animale.
Il nostro cercarsi, rincorrersi, prendersi. I baci senza fine.
Poi il terzo giorno.
Esausto sto dormendo, il rumore della doccia mi sveglia, lei rientra in stanza e tira fuori la valigia che non è mai stata disfatta.
Me ne vado... mi dice, torno a San Josè , vado davvero in Florida.
Perchè... perché... chiedo.
Non lo so... risponde.
Non mi dispiace neanche, che mi succede?
L'aiuto a prepararsi e la bacio mentre sale sul Toyota, non la cercherò mai più.
Io mi fermo a Samara, pesco... aggancio e poi rilascio bonitos, tarponi, barracuda e la sera mi dedico ai daiquiri e raggiunta la serenità alcolica ammiro le stelle.. dormo.
Ricordate... non andate a Samara... non andateci con chi amate.
E' verità quanto vi racconto, non andateci.
Non porterò mai più chi amo a Samara.
T.
venerdì 30 agosto 2019
LE MIGLIORI COPPIE SONO COSTITUITE DA TRE PERSONE.
Che
io sia subito attratto da lei è un fatto.
Ho
questa particolare attrazione per le donne intelligenti e se poi
assieme all'intelligenza portano in dote l'aspetto fisico e la
sensualità è facile che queste caratteristiche mi portino
all'infatuazione.
Lei
sensuale lo è.
Una
sensualità trasgressiva fatta di bisogno di violenza, di
sottomissione e di umiliazione.
Lei
è Susy, ha un compagno, Massimo.
Chiarisce
subito che non lo tradirà mai Massimo ...ma come? Insisto io... se
fai sesso con uomini sconosciuti incontrati in qualche locale. Si...
ribadisce lei ma sono con lui. Scopiamo altre coppie, mai abbiamo
incontrato singoli. Mai ho incontrato uomini da sola. Sono fedele e
lui è etero, purtroppo... dice contrita.
Comunque
fantastichiamo, abbiamo una particolare attrazione in comune.
Io
dare... dolore e lei riceverlo.
Portare
le cose all'eccesso. Oltre al limite.
Hai
mai pensato... le chiedo, di arrivare ad un passo dalla fine?
Di
avere il timore di non riuscire a frenare all'ultimo momento?
Io...
temo di uccidere e tu di morire. E questo ci fa volare in circolo
come falene difronte alla candela che le brucerà.
Parliamo...
di sigarette spente sui capezzoli, nastri di seta allacciati alla
gola e stretti per provare più piacere durante l'orgasmo. Dei
seni... legati così strettamente per diventare insensibili per poi
essere immensamente doloranti alla ripresa della circolazione
sanguigna, dei suoi buchi violentemente usati, penetrati.
E
il frustarla, colpirla fra le cosce, proprio sulla fica, non
smettere, farlo fino a gonfiarla. Fino a farle perdere i sensi.
Lui...
mi dice lei parlando del suo uomo non ce lo permetterebbe mai. Lui è
si... violento, mi colpisce forte sul viso mentre mi scopa, anche con
pugni, mi incula senza nessun preliminare. Mi stringe alla gola fino
a farmi mancare l'aria.
Ma...
non ha intuito il mio vero bisogno.
La
ricerca dell'atto estremo.
Insisti...
le chiedo... voglio vederti... averti, insisti.
Digli
che sono disposto a tutto.
A
tutto pur di averti, gli succhio il cazzo, gli lecco il culo.
E
ti faresti inculare? Chiede lei.
Si...
e non mi dispiacerebbe e mi andrebbe di farlo a lui dopo aver preso
il tuo di culo.
Ci
provo... ci provo... giuro che ci provo.
Lui
sa di te.
Ha
letto cosa scrivi, lo hai affascinato. Ti ammira. Giuro che ci provo.
Poi...
succede. Finalmente.
Cosa
fa cedere Massimo non è molto chiaro.
Decidono
per casa loro ed è lei che apre la porta.
Mi
emoziona la cosa di poterla avere finalmente, di soddisfare il
desiderio lievitato e cresciuto in queste lunghe settimane di
corteggiamento, di contatti, foto, telefonate, proposte.
Massimo?
Dov'è?
E'
sotto la doccia.
Le
passo la mano sul seno, cerco il capezzolo, lo strizzo.
Sei
figa... le dico... una gran figa.
Sono
eccitato, ho una erezione da spavento.
Lei
passa la mano sul mio inguine. Tutto sembra naturale, senza nessuna
forma di imbarazzo.
Mi
dice che andrà tutto bene, che viene subito.
Rispondo...
che ho una gran voglia di scoparla, di leccarla, di avere sulla bocca
il sapore del suo sesso, del suo buco del culo e di sentirla urlare
sotto orgasmo.
Dovrai
conquistare lui... precisa, a me lo hai già fatto.
Lo
farò... dico... lui mi piace.
Ecco
il suo uomo... in accappatoio.
Ci
stringiamo la mano, ci osserviamo con curiosità, Massimo fa una
osservazione ma senza acrimonia su quanto sono alto e grosso.
Parliamo
un po' ma non c'è disagio ed è lei ad iniziare i giochi, gli è
accanto, gli appoggia una mano sulla coscia, con noncuranza fa
scivolare a lato il lembo dell'accappatoio, mi mostra il cazzo già
duro, lo accarezza.
Ora
lo sta masturbando piano, gli tira la pelle del prepuzio sull'asta,
si inginocchia fra le sue gambe, gli apre del tutto l'accappatoio.
Il
cazzo è bello.
La
forma, la larghezza... il colore.
Ora
lo sta succhiando, lui le tiene la testa e mi guarda.
Io
guardo lui.
Lei
riesce a spogliarsi non cessando di succhiarlo, è nuda.
Io
mi slaccio la cinta, apro il pantalone lo tiro fuori, me lo meno
piano, glielo mostro, a lui.
Ora
ci stiamo osservando, io guarda loro, loro guardano me.
Lei...
stacca la bocca e dice...
-Vieni
dai... vieni da noi...-
Mi
avvicino e in quel breve tragitto butto maglietta, jeans, slip,
scarpe, sono nudo.
Mi
inginocchio fra le gambe di lui, lei mi da spazio, mi prende la mano
e la posa sul cazzo che sta succhiando a tratti, io lo tengo per la
base mentre lei lo ingoia.
Ora
stiamo succhiando il cazzo a turno.
Lei
lo bagna con la sua saliva, io... succhio la sua saliva, lei bagna di
nuovo facendo scivolare dalla bocca un sottile filo di bava, io
lecco.
Lo
stiamo lavorando intorno alla cappella, sulle palle gonfie, sul
tratto perineo, le nostre lingue si sfiorano nel gioco come in un
lungo bacio sensuale.
Poi...
noi siamo seduti uno accanto all'altro e lei passa da un cazzo
all'altro in una lunga sessione di baci, leccamenti, succhiamenti,
introduzioni a fondo.
Prende
le nostre mani e le posa sul pene dell'altro seduto accanto. Ci
masturbiamo... con desiderio.
Io
lo desidero.
Desidero
lei... lui... entrambi.
Ora
lei è carponi, testa a terra.
Si
apre le belle natiche.
Ci
invita.
Ci
stimola, ci implora di essere crudeli, violenti.
Ci
vuole nel culo... vuole soffrire.
Vuole
essere rotta, sfasciata, demolita.
Lo
facciamo... a turno.
Prima
Massimo, non usa condom.
Poi
io... lo metto veloce e spingo nel buco ormai largo, usato, con le
mucose dell'ano gonfie e tumefatte.
Le
metto un piede sul collo mentre sprofondo dentro.
In
quei lunghi momenti io e lei siamo soli... so che pensiamo alla
stessa cosa.
Al
suo supplizio.
Legarla,
incaprettarla, polsi legati alle caviglie e prenderla, prenderla in
una sodomizzazione violenta senza fine.
Glielo
dico.
Di
volerla inculare assieme a lui, due cazzi uniti che le rompono il
culo!
Due
cazzi che le scavano nell'intestino, due cazzi che la riempiono, che
le sfasciano il buco del culo.
Poi...
ora è lei che si tocca languidamente e guarda.
Noi
siamo uno difronte all'altro.
I
nostri cazzi ridiventati duri si sfiorano, si toccano.
Massimo
dice... è chiaro che non sono gay... lo sai vero?
Chiaro,
non lo sono neanch'io... rispondo.
Sei
qui per Susy, vero?
Si...
ma ora anche per te...
Poi...
la lunga notte.
Sarò
io a prendermi il suo cazzo nel culo dopo che lei mi avrà sputato
sul buco e bagnato.
Glielo
devo.
Ne
godo.
Mentre
Massimo spinge... lei mi bacia e mi succhia il cazzo, posso dirle...
-Ne
vali la pena... ne vali la pena... oh... se ne vali la pena!
So
che io e lei pensiamo le medesime cose.
Che
vogliamo le medesime cose, io e lei... e magari riusciamo a implicare
anche Massimo usando accortezza.
Dobbiamo
provarci.
Con
pazienza, con intelligenza.
Abbiamo
feeling, abbiamo complicità io e lei.
Mentre
lui mi scopa, mi vedo a marchiarla con le bruciature di sigarette,
segnarla sul seno con piccole ferite sulla sua carne morbida e...
perdere la testa nel modo che abbiamo fantasticato!
Ricordo
quel senso di pazzia che provammo quando ne parlammo.
Di
non essere capaci di fermarsi.
Di
arrivare all'estremo.
Dio...!
Che sensazione assolutamente fantastica!
Godere
fino a uccidersi!
Cazzo...
via questa cosa dalla mente!
Per
ora.
Oh
si... abbiamo il nostro segreto, ci penso mentre Massimo mi sta
possedendo, mi incula.
Ci
penso mentre continuiamo.
Massimo
gode, si leva.
Ora
vorrei incularlo, entrare nel suo culo mentre lei gli succhia il
cazzo pieno di sborra.
Lo
voglio... ci provo a puntargli il cazzo sul buco, lui rifiuta ma non
con decisione, riprovo a puntarlo, la cappella proprio sul buco del
culo... sento il buco cedere.
Ma
non voglio rischiare.
Ora...
staccarmi e mettere il condom?
E
ricominciare a premere?
Brucerebbe
la sua “quasi” disponibilità. Lo Sento.
So
che riuscirò ad averlo. Devo stare calmo... giocare con lui.
E
penso a lei, non so stancarmi di di desiderarla, devo farmi la sua
fica, quella fica dalle grosse labbra che mi tormentano. Mordere da
farla sanguinare. Cazzo cazzo!
Lei
mi piace.
Lui
mi piace.
Incularlo
a mia volta?
Ci
riuscirò, è solo questione di tempo, il ragazzo si farà inculare
da me e lo farò succedere in questa lunga notte.
E
gli succhierò il cazzo e mi farò succhiare.
E
avrò pienamente lei.
Pienamente...
dovremo mettere in atto il nostro desiderio.
Scoparci
fino a... “quasi” morire.
E
siamo, comunque... noi tre... una magnifica coppia.
Lo
siamo da questa notte.
Tibet.
giovedì 29 agosto 2019
IL FAMIGLIO. (Il Famèi) Racconto completo.
IL
FAMIGLIO.
(Il
Famèi)
RACCONTO
EROTICO
DI
TIBET.
Il
Famèi. La prima donna.
Nota
dell'autore: Il “famèi”, termine dialettale che sta per
“famiglio” (servo di casa, di famiglia), è stata una figura
della società contadina del nord Italia nel tempo tra fine secolo
XIX e l'inizio della seconda guerra mondiale. Il fenomeno era frutto
di una povertà diffusa in cui l’alto numero di figli (e quindi
delle tante bocche da sfamare) determinava la necessità di “darli
in affitto” presso famiglie più agiate in cambio del solo vitto e
alloggio.
Il
famèi.
Io
e la mia famiglia eravamo arrivati a detestarci, avevo sempre più la
tentazione di commettere una strage, sterminarli tutti e già stavo
rimuginando come. I miei genitori, che ci avevano sconsideratamente
messi al mondo a me e ai miei fratelli, ora ci rimproveravano di
esistere.
Così...
dopo aver frequentato la sesta e la settima classe elementare che in
effetti era solo una continua ripetizione della quinta, il giorno
della fiera dell'Annunciazione, il 25 marzo, mi presentai, assieme ad
altri, per offrirmi a servizio come famiglio, dei mediatori mi
scelsero, come sceglievano il bestiame e mi misero a servizio per
quegli anni presso famiglie agiate, tutto questo fino al giorno di
San Martino, nel quale tornavo a casa e rientravo pienamente nel
clima familiare infelice come sempre.
Ai
diciassette anni gestii io il mio futuro e mi assunse direttamente un
grosso contadino che trattava luppolo, malto, orzo e aveva un modesto
birrificio artigianale. Un latifondista con molto terreno agricolo
intorno ma che l'aveva dato a mezzadria in cambio di parte dei
prodotti. Lasciai quindi definitivamente e con sollievo la famiglia
per questa nuova condizione.
Il
birrificio non era poi granché, una vecchia fattoria isolata nella
campagna, un grande magazzino dove era stipata la materia prima e lì
mi disposero a dormire. Una stanzetta sotto il tetto con un abbaino,
un letto. Caldissima.
Non
ci lavoravano molte persone, il padrone, mastro birraio e
commerciante, la moglie, due figlie che aiutavano, alcune donne della
mezzadria che lavoravano a chiamata e io.
Il
mio lavoro era scaricare quando arrivava il materiale, disporlo nel
magazzino, prepararlo per la vendita e portarlo, quando mi era
richiesto, al locale dove facevano la birra, aiutare lì il padrone,
caricare e scaricare le botti.
Mangiavo
con loro ma in disparte, alla fine mi trattavano con sufficienza, ero
e sarei stato solo un servo.
Poi...
La
sera, dopo il lavoro, mi lavavo all'aperto sotto il getto di una
fontana, acqua freddissima di una sorgente che veniva anche usata per
la birra, mi spogliavo fino a restare in mutande e mi toglievo il
sudore e la polvere della giornata.
Quella
sera mi accorsi di essere osservato, le due figlie dei padroni,
ragazze di quindici e quattordici anni, erano nascoste appena dietro
l'angolo del fabbricato e mi guardavano. Non so davvero quale stimolo
di esibizionismo perverso esplose nella mia mente, so che
immediatamente mi eccitai e il cazzo diventò una sbarra di carne,
mai avrei immaginato il piacere che provai nell'espormi, con
decisione tolsi anche le mutande e presi a lavarmi il cazzo duro,
scappellavo e ricoprivo la verga mostrandolo sempre di più. Ora mi
stavo proprio masturbando con decisione, mostravo loro il cazzo in
tutta la sua eccitazione, era proprio dedicato a loro il mio piacere
e alla fine sborrai, diversi getti di sborra e loro, forse
soddisfatte, sparirono.
La
cosa si ripeté ogni volta che le vedevo in osservazione, godevo
dell'interesse che mi mostravano salvo ritornare ad una loro totale
indifferenza durante l'altro tempo. Godevo nel mostrarmi, mi bastava.
Il
cambiamento capitò tutto in quel periodo, portando dei sacchi di
luppolo in birreria vidi il padrone, un grosso uomo pelosissimo,
prendere una delle lavoranti a giornata, farla chinare, alzarle
l'ampia gonna e prenderla con forza, colpi secchi e rapidi,
l'amplesso non durò moltissimo, pochi istanti ed era tutto finito
poi si ricomposero e tornarono al lavoro. E capii che il padrone
esigeva la cosa da tutte coloro che venivano a servizio. La cosa non
mi eccitò affatto, loro non erano molto gradevoli e poi? Troppo
rapida, ma quello che capitò il giorno successivo?
Arrivò
un carico di luppolo, fu la moglie a riceverlo, io e il carrettiere
portavamo dentro i sacchi e lei li contava, poi? Ad un tratto
scomparvero, sia lui che lei e sentii gemiti e sospiri da dietro una
catasta di sacchi. Guardai… lei con la gonna alla vita e le gambe
larghe alte e lui sopra che la stava penetrando con tutta la sua
forza con i calzoni ai piedi e il culo nudo. Beh... a vedere quelle
gambe candide e dondolanti, sentire i gemiti di lei e i grugniti di
lui in un attimo il cazzo mi diventò di pietra. Restai a guardarli
fino a coito finito, lui che levò il cazzo sborrato, lei con la fica
che rilasciava il suo contenuto che scendeva sulle cosce, vidi
chiaramente il rosa intenso dell'interno della fica aperta e il vello
scuro che la circondava. Una visione che prese a tormentarmi in ogni
istante delle giornate successive.
Questa
situazione, le ragazzine che mi guardavano, il padrone che scopava le
lavoranti e la padrona i carrettieri mi mosse la voglia di far finire
finalmente la mia verginità, non mi bastava più la continua
masturbazione che praticavo.
Le
ragazzine erano fuori portata, il padrone mostrava nei loro confronti
una gelosia parossistica, le cercava, le controllava, non vedevo come
riuscire a mettere le mani sotto la loro gonna, ma la padrona? Donna
di una quarantina di anni, procace e formosa che aveva dimostrato una
libidine evidente, tanto evidente che non mi faceva dormire.
Ora
mi masturbavo con molta frequenza, con tutta la voglia e forza della
mia gioventù.
Pensai
e ripensai a come arrivarci alla sua fica, un ricatto diretto con la
minaccia di dirlo al marito? Oppure un procedere più sottile?
Mi
stavo tormentando la mente su questo.
Dentro
il magazzino dove era stivato il luppolo e l'orzo era particolarmente
caldo, giravo a torso nudo e spesso il sudore mi rigava la pelle
coperta di polvere.
La
padrona, quando era presente, portava di solito una blusa bianca con
il grosso seno senza sostegno e una gonna leggera e ampia sotto la
quale immaginavo non portasse altro e questo mi faceva impazzire di
desiderio.
Quanto
desideravo alzarle la gonna e arrivare alla sua fica che pensavo
odorosa e bagnata! E quelle grosse tette pesanti che mi vedevo
baciare, mordere e succhiare?
Quel
pomeriggio lei era nel magazzino, seduta, sventagliava l'ampia gonna
cercando di rinfrescare quanto copriva. La blusa era slacciata e
mostrava la rotondità del seno, grosso e bianco, io che avevo finito
di impilare dei sacchi, mi avvicinai.
-Padrona...-
-Che
c'è...?-
-Devo
dirti una cosa...-
-E
dimmela...-
-T'ho
vista scopare con quel carrettiere, ho visto le tue cosce, ho visto
la tua fica e da allora non dormo più, mi sto uccidendo di seghe...-
-Cosa
stai dicendo? Ma non è vero!-
-Ho
visto... tutto. Ma non intendo certo fare la spia, non ne parlerò
con nessuno, prometto.-
-E
cosa vuoi?-
-Voglio
masturbarmi guardandoti, senza la blusa per guardarti le tette, che
alzi la gonna e mi mostri la fica, io che mi masturbo fino a
sborrare... -
-Ma
quanto sei porco... va bene, lo faccio ma tu mi assicuri il tuo
silenzio su tutto.-
Si
levò rapidamente la blusa e le sue tette scoppiarono nella loro
opulenza! Grosse e pesanti, candide, con i capezzoli scuri e turgidi.
Il
cazzo mi si indurì istantaneamente, lo estrassi e presi a
masturbarmi piano, non volevo godere troppo presto, volevo godermi lo
spettacolo completo.
Alzò
la larga gonna, come avevo intuito era nuda sotto, mostrava le cosce
e il ventre, la fica incorniciata dal pelo. Lucida da quello che
immaginavo fosse sudore e umori e il pelo bagnato? Quanto avrei
voluto sentire da vicino l'odore e leccare il sapore!
Avanzai
di un passo verso di lei che ora si stava massaggiando le grosse
tette.
-Padrona...
sei bellissima...-
-Vuoi
vedermi da più vicino? Avvicinati...-
Lo
feci fino a esserle ad un passo, continuando a menarmi lentamente,
scoprivo e ricoprivo la cappella.
Lei
aveva ora incatenato i suoi occhi sul mio cazzo.
-Hai
un bel cazzo... famèi, proprio bello...-
-E
tu… padrona, hai una meraviglia di tette, una fica bellissima...-
-Aspetta...
andiamo dietro la catasta dei sacchi, qui possono sorprenderci...-
La
seguii sempre menandomi il cazzo, lei precedendomi aveva alzato alla
vita la gonna e ora mi mostrava un culo immenso! Larghe chiappe
candide con una valle fra loro profonda e infinita.
Si
distese su alcuni sacchi, tette scoperte… gonna alla vita e gambe
larghe.
-Mettiti
fra le mie gambe… vicino… guardami… dimmi che ti piace… vuoi
che mi tocco per te?-
Iniziò
a passare le dita sul suo solco aperto, apriva le labbra per
mostrarmi meglio il suo interno, si accarezzava il suo grosso
clitoride.
Ero
in ginocchio e il suo odore, forte e speziato, mi ubriacava.
-Dimmi…
me la vuoi leccare la fica?-
-Oh
si…! Padrona! Si!-
Come
descrivere a posteriori la pazzia che mi prese quando incollai la
bocca alla sua fica?
Frenesia
pura! Quell'odore di mare, di selvatico, di animalesco e… quello
appena appena nascosto ma esistente del suo pisciare?
Fortissimo,
denso, tanto da drogarmi!
Leccai
e leccai… trovai subito sotto la lingua il suo grosso clito e per
puro istinto sessuale presi a tormentarlo, baciandolo, succhiandolo,
mordendolo, presto mi accorsi della sua risposta, si inarcava,
spingeva il ventre contro la mia bocca, mi tirava a sé tenendomi la
testa.
Mi
diede il mio primo orgasmo di donna! Fantastico!
La
sua fica ora era una vera fontana e ne succhiavo il prodotto, un
fiume di miele denso e biancastro, trasparente.
La
mia mano? Continuavo a menarmi il cazzo, ma… aspettavo per godere!
Non volevo affrettare nulla, volevo goderla fino alla conclusione, la
sua fica!
L'altra?
Era su una sua tetta, grossa e morbida, che strapazzavo e strizzavo,
tiravo e torturavo il grosso capezzolo.
Mi
staccò a forza dalla sua fica! Io avrei continuato a leccarla fino a
consumami la lingua!
Mi
staccò urlando!
-Mettilo
dentro! Mettilo dentro!-
In
ginocchio… tenendolo con la mano mi approssimai, ma fu lei,
alzandosi sul busto e prendendomi con la sua mano a far tutto!
Strofinò la cappella sulla fica aperta e lo spinse dentro di sé!
La
mia prima fica! Come descrivere l'attimo della penetrazione? Il primo
momento?
Sentirmi
aprirla, sentirmi preso dentro di lei, arrivare poi a riempirla
completamente, ad essere tutto dentro e poi… le sue spinte pelviche
e le mie che spingevo all'unisono!
Durai
pochissimo, pochi colpi e le sborrai dentro. Fortuna fu che anche lei
venne nello stesso momento!
Un
altro orgasmo di donna! Mio!
Era
piena di me ora, alzandosi le scivolò sotto di sé un gocciolare di
sborra. Cercò di tamponare con la mano non riuscendoci, l'avevo
davvero riempita!
Si
riassettò brevemente.
-Aspettami…
devo rientrare a casa… non muoverti da qui!-
Capii
al suo ritorno che si era lavata e ricomposta, forse controllato che
il marito o le piccole streghe delle figlie non fossero in giro.
-Ragazzo!
Ascoltami... d'ora in avanti non mi sborrerai più dentro! Lo leverai
prima di venire, capito? E non prenderai mai nessuna iniziativa,
deciderò io quando e come scopare. È chiaro? E stai attento alle
due befane, sono maligne.-
-Adesso...
Padrona? Una veloce...-
-Porco...
come sai stuzzicarmi, eh? Dai veloce... prima aspetta un attimo che
controllo fuori.-
Rientrò,
mi prese per la mano e mi tirò impaziente al riparo di sguardi
inopportuni, si chinò in avanti appoggiando le mani ai sacchi, fui
io ad alzarle la gonna e appuntarla alla sua cintura, il culo che
mostrava così era uno spettacolo! Dio! Burroso, largo,
sensualissimo.
Il
cazzo lo avevo già in mano, non feci che strusciarlo un attimo fra
le sue cosce che ella stessa mi fagocitò dentro! Mi sentivo in un
vortice di piacere mentre le martellavo le chiappe burrose con i miei
lombi! Spingevo come un pazzo mentre lei mi incitava, mi urlava di
far presto, di farla godere! Sentii che si stava toccando per poter
arrivare prima all'orgasmo e appena goduto, me ne accorsi dai gemiti
e dal suo inarcarsi, si staccò, fece scendere la gonna e si
allontanò in fretta, dicendomi che ci saremmo visti a cena.
Restai
lì... senza aver goduto o meglio goduto di aver posseduto una
femmina così straordinaria e pensando al suo largo culo candido
arrivai a sborrare sullo stesso sacco che l'aveva sostenuta.
Capii
nei giorni successivi il divieto di venirle dentro, in cucina teneva
un calendario di non so che santo, che riportava delle crocette in
diversi colori, nere per lei, colorate per le figlie e indicavano i
loro giorni del ciclo. Solo nei giorni in prossimità del ciclo, poco
prima e subito dopo si faceva sborrare dentro, sicura di non restare
pregna.
Il
periodo che seguì questo fatto fu vissuto in maniera spasmodica, lei
era più spesso in magazzino che a casa a seguire i lavori domestici
e scopavamo in più occasioni, ma sempre sotto la spada di Damocle di
essere sorpresi dalle figlie o dal marito. Anche più volte al giorno
avveniva il congiungersi, contatti rapidi e brucianti, lei godeva e
scappava in casa, poi tornava e si ricominciava il ballo.
Avevo
smesso di fare l'esibizionista con le ragazzine, non mi interessavano
più, le vedevo femmine incomplete, poco seno, poco culo, poco
interessanti. Ma non avevo tenuto conto di quanto potevano essere
intuitive e alla fine furono proprio loro a causare la fine del
rapporto con la loro madre e la mia partenza. La paura che potessero
scoprire tutto.
Ma
il fatto che fece tornare alla ragione la loro madre non fu causato
da loro, no. Un pomeriggio mentre eravamo dietro a dei cumuli di
sacchi di luppolo e la stavo possedendo selvaggiamente da dietro,
sentimmo urlare!
Era
il padrone che la cercava, gridava e chiedeva dove fosse, il perché
non era mai in casa! Fortuna volle che non si inoltrò nel magazzino
ma che ne uscì quasi subito.
La
sera stessa, a cena, la riprese duramente chiedendole il perché non
fosse mai presente, al quale richiamo lei rispose in maniera non
convincente, mentre le due streghette mi guardavano come se
intuissero cosa stava accadendo a casa loro, fra me e la loro madre.
Insomma...
si stava giocando qualcosa di pericoloso, il padrone era geloso di
quanto possedeva, beni, terreno e femmine e era in grado di essere
violento, molto violento.
Mai
dissi alla padrona che lui stesso la tradiva con le contadine
in
mezzadria, non ne vedevo l'opportunità.
Il
giorno successivo... finì rapidamente tutto. Lei venne in magazzino
e mi porse una banconota, si trattava di cinquanta lire, somma
considerevole per quell'epoca, ingiungendomi di andarmene subito, non
era possibile continuare, rischiavamo troppo ambedue.
Fui
d'accordo, convinto che non poteva essere diversamente, presi le mie
poche cose e me ne andai.
Fu
la mia prima donna.
Il
Famèi. La seconda donna.
Cinquanta
lire! Nel 1910?
Probabile
che la padrona avesse pescato a caso la banconota nel cassetto dei
soldi nella fretta di farmi andar via!
Non
era certo una fortuna, ma per me che di soldi avevo visto solo
monetine di pochi centesimi? Insomma mi si apriva un mondo
assolutamente nuovo e pieno di desideri da poter soddisfare.
Il
primo fra tutti? Il sogno di ogni giovane, andare nel bordello
municipale e scopare! Avevo sentito i racconti mirabolanti dei
compagni più grandi del paese che ci erano stati, uno poi… che
raccontava con tutti i particolari delle scopate con una puttana
napoletana con il culo enorme.
Lui
raccontava e noi… che ascoltavamo le sue imprese, lo seguivamo come
i topolini seguivano il Pifferaio Magico, ma anziché condurci in
riva al mare per annegarci come nella fiaba, ci guidava al campo di
cocomeri e qui… ognuno prendeva la sua anguria, a suo gusto… chi
la voleva grossa come il culo della napoletana del casino, chi snello
come quello magari della sorella che era l'indirizzo della sua
masturbazione quotidiana, con il coltello si praticava un buco e poi
si ficcava il cazzo…
Ecco
a cosa pensavo mentre raggiungevo la città a piedi, sapevo i prezzi
della "veloce", della "doppietta" e di tutta la
serie, ma quello che volevo io? La "mezzora" che costava
tre lire e cinquanta, ma per principianti, militari e studenti…
c'era uno sconto, bisognava solo andarci nei tempi di poco lavoro per
le puttane e si otteneva. Io… in mezz'ora potevo farne due sicuro e
forse tre!
Camminando,
camminando ci arrivai in città e da subito iniziai a mettere in
pratica i miei propositi. Per dormire? "L'Albergo dei poveri",
per mangiare una delle varie mense gratuite o quasi, ma subito? Una
visita al bagno diurno della stazione e il barbiere, spesa? Sessanta
centesimi.
E
infine per quella giornata una visita dal robivecchi, mi ero
irrobustito nel tempo trascorso dal birraio, il lavoro pesante, il
vitto costante… insomma i panni mi erano diventati stretti e
comunque lisi dall'uso e li sostituii con abiti usati.
Lo
specchio del robivecchi mi restituii un'altra immagine di me, i
capelli lucidi e impomatati, i sottili baffetti mi davano un aspetto
civile, non sfiguravo più nei confronti dei cittadini.
Passai
la sera mangiando e poi bevendo un bicchiere di vino in osteria, soli
uomini i presenti e parlavano delle puttane del casino, tutti
concordavano sulle virtù di una certa Marta, calda e dalla fica
strettissima, ti faceva venire in un attimo, dicevano, ti strizzava
dentro il cazzo e non avevi scampo! Mi inserii e chiesi della puttana
napoletana, c'era ancora? Quella dal culo enorme che aveva causato
tutte le mie chiavate sulle inconsapevoli angurie.
Ancora
la ricordavano… la Nora! Gran scopatrice ma si era trasferita a far
la vita in chissà quale città.
Il
casino.
Il
puttanismo è vecchio come il mondo, senza considerare che scopare
nei falsi e puritani paesi cattolici è da sempre considerato un
peccato mortale, poi se non scopiamo per prolificare noi, uomini
comuni, ci sono sempre preti, vescovi, cardinali e papi puttanieri
che possono inseminare tante donne in fregola da popolare loro il
mondo e ancora? Meglio scopare in casino che una moglie che scodella
figli con la frequenza di una coniglia e mette al mondo infelici che
non hanno da mangiare.
Ecco
cosa pensavo mentre attendevo che il casino aprisse le porte, era
ormai il primo pomeriggio ma avevo voglia fin dalla sera prima, mi
incuriosiva la Marta, quella dalla fica stretta, che sapeva
strizzarti il cazzo.
Come
il portone si aprì mi precipitai dentro!
C'era
una signora grassa dietro il banco, la tenutaria o la maitresse come
voleva essere chiamata, che prese a ridere.
-Che
precipitazione, giovanotto! Si vede che hai il diavolo nei
pantaloni!-
-Signora...
chiedo scusa, è la prima volta che vengo...-
-Un
principiante!-
E
rivolta ridendo alle donne svestite che sedevano in sala.
-Voi...
nessuna vuole fare da nave scuola a questo bel ragazzo?-
-Signora...
vorrei la Marta. Una mezz'ora e ho diritto allo sconto...-
-La
Marta? Deve ancora scendere, stanotte l'hanno tenuta occupata fino
alla chiusura, è la nostra signorina più richiesta, puoi
aspettarla. Se cambi idea... dimmelo.-
Mi
sedetti quindi sul divano che occupava tutta una parete e presi a
guardare le donne presenti.
Le
guardai e le riguardai, erano parzialmente svestite, solo il seno
totalmente scoperto.
Belle
tette... piene e grossi culi. Le guardavo e mi eccitavo, ormai il
cazzo spingeva contro il tessuto dei pantaloni da essere visibile,
avevo adocchiato una bruna come alternativa alla Marta, mi sembrava
la più bella e adatta a me... quando lei, Marta, scese le scale.
Era
la più giovane e indubbiamente la più bella, bel corpo, bei capelli
e bel viso. Mi alzai in piedi per avvicinarla, ma fu la maitresse ad
avvisarla.
-Marta...
sei attesa. Questo giovanotto ti ha prenotato.-
E
mi indicò.
Come
girò il viso verso di me... la riconobbi. Era la Francesca, la
figlia più grande dei B., altra famiglia poverissima del mio paese,
era stata in classe con me nella ripetizione della quinta elementare
fino ai dodici anni, maggiore di me di due anni ed era stata anche
lei una famèi.
Non
mostrai di riconoscerla, mi avvicinai al banco.
-Un'ora...
Signora. Con la Marta...-
-Prezzo
speciale per te... sei lire. Consegna la marchetta alla Marta.-
La
seguii per le scale, ammirando le movenze del suo culo, un movimento
altalenante delle belle chiappe e a volte la rapida visione del suo
pelo nero.
Entrammo
nella sua stanza, prese dalle mie mani la marchetta e la ripose, si
girò verso di me…
-Hai
saputo di me… in paese? Ne parlano?-
-No…
manco da paese da mesi, un puro caso… mi fa piacere vederti…-
-Vieni…
parliamo dopo, sei venuto per scopare, no? Non perdiamo tempo,
spogliati.-
Intanto
aveva versato dell'acqua da una brocca in un catino, mi avvicinai e
prese a lavarmi il cazzo, era il modo delle puttane per controllare
se il cliente non avesse scolo o creste di gallo.
-Hai
un bel cazzo... e mi sa che fra un attimo mi sborri in mano. Sei
carico... ahah! Che ne dici se ti faccio venite in bocca? Con la fame
che hai neanche ti si smolla il cazzo!-
Mi
si inginocchiò davanti e prese e sbocchinarmi! Cavolo... se era
brava! Leccava e lo prendeva tutto in gola e aveva ragione sul
giudicarmi poco prima. Un minuto e venni copiosamente nella sua
bocca. Sputò il tutto in una bacinella e tornò a lavarmi. E... il
cazzo era sempre duro come aveva previsto.
-Come
vuoi farlo? Preferenze?-
Volevo
tutto, provare tutto con lei, da sopra... premendo con il petto sulle
sue belle tette, da dietro... sbattendo forte sul suo culo, ma fu lei
a decidere.
-La
prima? Ti scopo io... ti cavalco. Ti faccio godere piano... vedrai,
te lo strizzo il tuo bel cazzo e ti svuoto completamente, ti spremo!-
E
lo fece e lo fece durare, oh... raccontare il modo sublime con il
quale sapeva lavorare con la fica? Premeva e rilasciava le pareti e
portava davvero il cazzo in paradiso. Intanto la palpavo, palpavo le
belle tette, la stringevo ai fianchi, le palpavo il bel culo.
E
mi portò all'orgasmo! E quanto urlai liberando tutta l'aria che
avevo trattenuto nei polmoni.
La
terza da dietro! Ho sempre amato questa posizione, la visione della
sinuosità del culo, l'ampia curva che si apre dalla vita sottile
nelle anche e infine nelle natiche?
Quattro
volte sborrai in quell'ora abbondante con una pausa fra la terza e la
quarta, pausa nella quale parlammo un po', parlò quasi sempre lei,
si raccontò, come in uno sfogo rabbioso verso il mondo.
Era
una storia abbastanza comune per le famèi, cioè succedeva, non era
il mondo cattivo con noi, noi subivamo le persone.
Fu
presa a servizio da una famiglia agiata come domestica a costo zero,
una serva a titolo gratuito da sfruttare. Solo che questa volta
subentrò il sesso, fu violentata dal padrone e il sesso con lui
continuò per tutto il tempo, si illuse o meglio lui l'illuse, una
illusione dimostratasi vana e crudele ma per tutto il tempo sperò di
poter avere di più, sbagliando. E si accorse che le piaceva il sesso
con lui, anche la sottomissione, anche la violenza e che lo amava ma
tutto precipitò quando si accorse di essere incinta, come ne parlò
fu cacciata dalla casa sui due piedi.
Un
figlio che voleva tenere la portò presto a far la puttana nel
casino, guadagnava abbastanza da farlo tenere a balia da una donna di
un paese vicino, si... ogni suo guadagno serviva per il bambino. Non
si rifiutava mai, per quanto stanca, non le interessava il numero di
uomini che la possedevano, non ne vedeva il viso, non pensava... le
interessava il denaro per il piccolo.
La
sua storia mi fece capire che per una famèi essere femmina era
ancora più pesante e devastante.
Avevo
il freddo nel cuore per il dispiacere che provavo e lei nel
lasciarmi.
-La
prossima volta... prendi la notte intera e ti farò ogni cosa, mi
potrai avere in ogni posizione e modo, mi serve ogni centesimo che
guadagno e se mi darai altre cinque lire... ti farò un regalo
speciale.-
E
girandosi mi fece capire cosa intendesse, il pagare per la notte e le
ulteriori cinque lire mi avrebbe dato l'opportunità di avere il suo
culo, che strizzava il cazzo quanto e come la sua fica.
Ma
il rapporto con lei era devastante e finì con quella notte speciale,
troppo dolore per il suo percorso, per la dedizione assoluta con la
quale si sacrificava per il bambino.
E...
comunque troppo costosa, al di fuori delle mie possibilità, da lì a
poco avrei dovuto combattere per la mia sopravvivenza.
Tornai...
al casino? Quando ci tornai non c'era più e non la cercai.
Lei
fu la mia seconda donna.
Il
Famèi. L'ultima donna.
Inverno
1910/11. La contessa.
Non
che pensassi che le cinquanta lire durassero in eterno ma erano state
per un po' di tempo una specie di sostegno e viatico virtuale alle
mie vicissitudini, che avevano poi visto una serie di lavori saltuari
e mal pagati e il mio subire la fame e il freddo.
Con
l'inverno avevo trovato una sistemazione presso un deposito-rivendita
di legna e carbone. Pochi centesimi al giorno di paga ma potevo
dormire nella baracca del deposito dato che facevo anche il guardiano
contro i furti notturni, mentre durante il giorno provvedevo alla
consegna della legna e del carbone che trasportavo con un carretto
spinto a mano.
Il
deposito apparteneva a una contessa che aveva il palazzo vicino al
deposito, si vendeva la legna dei suoi boschi e il carbone di legna
prodotto dai suoi carbonai. La prima delle mie incombenze giornaliere
era proprio rifornire il palazzo di legna e di carbone, sia la cucina
che le stanze, pulire le varie stufe e caminetti, venivo trattato con
molta sufficienza dal personale di servizio che per la nota sindrome
della "mosca cocchiera" si riteneva nobile di riflesso e di
molto superiore a me, ma di positivo c'era che potevo approfittare
dei numerosi avanzi dei pranzi nobiliari e mi sfamavo.
Succedeva
che l'ultima delle mie incombenze nel palazzo consisteva nel pulire e
rifornire il caminetto della stanza da letto della contessa, lei già
uscita.
Quel
giorno rientrò inaspettatamente e prese a spogliarsi ignorandomi
completamente, si rivestiva, si spogliava nuovamente, faceva toeletta
senza badare a me come se fossi invisibile e inconsistente. Io che
ogni mattina notavo le coltri del letto disposte disordinatamente e
immaginavo eccitandomi che ci fosse avvenuta una battaglia estenuante
di sesso.
La
contessa era una donna che viveva in quel momento le sue cinquanta
primavere che portava splendidamente, ora lei discinta io guardavo
con concupiscenza nascosta le sue grosse cosce, il largo culo e il
seno abbondante. Da quanto avevo recepito dai discorsi delle
domestiche godeva di uno straordinario vigore e appetito sessuale e
non mancava notte che qualche baldo ufficiale non prendesse piacere
con lei.
Si
era autoproclamata "Madrina di Guerra" e assieme ad altre
dame sue simili assistevano gli ufficiali dei vari reggimenti che
avevano stanza nella città. C'era un particolare entusiasmo
patriottico in quel momento, alimentato anche dal poeta Giovanni
Pascoli e si parlava di una imminente guerra contro i turchi per
conquistare la Libia, considerata la nostra "quarta sponda"
e italiana da sempre visto che erano stati gli antichi romani a
denominarla così.
Quindi
inviti a cena agli ufficiali, feste e nel caso della contessa…
lunghi e interessanti momenti di sesso, anche orgiastici, dove la
nobildonna si esprimeva al meglio.
Il
Reggimento che godeva della sua attenzione era quello dei
Bersaglieri, valenti e aitanti soldati… e validi amanti.
Chissà
cosa spinse la nobildonna ad interpellarmi dopo che mi aveva
bellamente ignorato.
-Giovanotto...-
Mi
alzai prontamente e la guardai rispettosamente.
-Si,
Signora Contessa...-
-Come
mai non sei militare? Un giovane prestante come te!-
-Non
lo so... Signora Contessa...-
-Avvicinati...-
Feci
alcuni passi verso di lei che si era seduta sul letto e mostrava
completamente e senza pudore le sue grosse tette.
-Più
vicino...-
Mi
portai quasi a toccarla con le mie gambe e lei? Portò la sua mano al
mio inguine e lo palpò quasi in maniera professionale, forse come
faceva con i suoi stalloni in campagna quando prendeva in mano il
loro sacco dello scroto per misurarne la potenza generativa.
-Sei
ben fornito e hai delle cosce muscolose, saresti un bellissimo
bersagliere...-
Ero
alquanto confuso e non riuscivo a spiccicare parola ma in cambio
mostravo una erezione più che evidente.
-Uhh...
e devi avere un gran cazzo... sembri un toro!-
Mai
avrei potuto immaginare una cosa simile, una nobildonna che parlava
come una puttana di bordello! Avrei capito successivamente che per
lei era solo una immersione nel mondo plebeo, solo una ulteriore
esperienza sessuale per soddisfare la sua sensualità non soddisfatta
dal piacere provato con l'amante della notte.
Fu
lei stessa a calarmi i pantaloni presa da una foga animalesca e dopo
un attimo di ammirazione verso il mio cazzo enormemente teso e
leggermente curvo verso l'alto, lo prese in mano scappellandolo
completamente e iniziò a baciarlo.
-Uhm...
adoro e mi eccita la puzza ferina del tuo cazzo, un cazzo non lavato
da una eternità che sa di piscio e di sborra vecchia! Lo adoro... e
mi manda in bollore il sangue! Vieni che te lo devo mangiare!-
Lo
mangiava davvero il cazzo! Riusciva a introdurselo completamente in
gola e succhiava, mordeva, leccava e baciava, dall'uretra prese a
scorrere un po' di liquido precoitale che lei leccava con assoluta
libidine.
Sentivo
che non sarei durato neanche un minuto se continuava così e
l'avvisai...
-Signora
Contessa... sto per godere...!-
-Che
aspetti mio bel toro? Sborrami in bocca che ti bevo!-
E
si mise a lavorarmi il cazzo con maggior vigore e mi liberai nella
sua bocca! Era da un po' che non godevo, che non mi masturbavo e
svuotai completamente le mie palle gonfie! Mi inarcai e spinsi il
cazzo completamente nella sua bocca mentre sborravo!
Inghiottiva
tutto e per continuare dopo riprese a leccarmi lungamente il cazzo
che non mostrava cedimenti. Si stese sul letto con le gambe aperte e
mi tirò su di se.
Oh...
di nuovo quella sensazione mentre le entravo dentro! Mentre lo
ficcavo finalmente di nuovo in una fica calda e bagnata! Ora che
avevo goduto potevo durare per tutto il tempo che volevo! E volevo
far godere lei... la donna che stavo possedendo che ora aveva perso
ogni parvenza di nobiltà e smaniava e gemeva come una qualsiasi
femmina vogliosa di cazzo. Ah... se la feci durare quella scopata! La
sentivo godere mentre affondavo in lei! Mentre la riempivo del mio
cazzo duro. Le palpavo le grosse tette, grosse come mai ne avevo
viste e toccate neanche al casino, mentre le tenevo le grosse chiappe
e la tiravo forte a me, verso il mio cazzo affamato.
I
suoi orgasmi? Oh... si che godeva! Eccome! E mi incitava con un
linguaggio scurrile da puttana di casino a scoparla sempre più forte
e io lo facevo! Mi sentivo un toro... io il toro e lei la vacca! Alla
fine sborrai in lei nuovamente e fu di nuovo un mare di seme quello
che le misi in fica.
La
sua fame non si placò assolutamente e ricominciò il suo lavoro di
bocca, mi si mise sopra strizzandomi il cazzo bagnato fra le grosse
tette per arrivare poi a mettersi nella posizione del 69 offrendomi
la sua fica. In un primo momento questo mi fece senso, non volendo
bere proprio il mio sperma portai la bocca sul suo buco del culo,
sapido e odoroso e questo mi fece nuovamente diventare il toro che
lei voleva, il cazzo riprese pienamente vigore mentre lo succhiava.
Ora le spingevo la lingua nel culo e lo sentivo aprirsi, diventare
morbido e ricettivo, superai la mia resistenza e passai a leccare,
mordere la fica, bevevo la mia sborra, mordevo le grosse labbra
esterne e le tiravo in fuori, le spingevo dentro la lingua per quanto
potevo e la scopavo, presi a succhiarle forte il grosso clitoride,
questo la faceva smaniare sulla mia bocca. Mordevo sempre più forte
tanto da farla impazzire. Aveva smesso di succhiarmi il cazzo e tutta
la sua attenzione era rivolta alla mia bocca che la torturava! Gli
orgasmi? Quelli di una vera multiorgasmica, orgasmi sia clitoridei
che vaginali, prima una serie ravvicinati e brevi e poi l'esplosione
in uno potente e duraturo, per poi ricominciare. Era la Donna nata
per scopare! Mi resi conto che poteva soddisfare tutto il corpo
ufficiali del reggimento e non solo. Questa poteva fare la puttana da
sola in un casino senza fatica.
Non
smettemmo certo! Si era disposta in ginocchio sul bordo letto
offrendomi il suo grosso culo, un vero mappamondo di carne morbida e
liscia. Cominciai dalla sua fica e presi a penetrarla con forza e
continuai per un tempo infinito, violente montate sulla sua groppa
tenendola forte per i fianchi, era troppo larga la fica ed era
bagnatissima e non ero sicuro di riuscire a godere, lo tirai fuori e
provai a vedere la sua reazione appoggiando la cappella al suo buco,
lei spinse il culo verso il cazzo mostrando di gradirlo, lasciai
perdere ogni timore e scrupolo e spinsi forte. Non oppose la minima
resistenza a prendermi dentro, evidente che lo faceva con continuità
e mi scatenai in una inculata che diventò parossistica! Spingevo e
lo tiravo fuori per poi infilarlo con tutta la mia forza e sentivo i
suoi gemiti che rispondevano ai miei grugniti. Le strizzavo forte i
grossi capezzoli oppure le strofinavo violento il clitoride per farla
godere.
Lei
godeva e me lo faceva sentire.
Finì
così quel pazzo amplesso sborrando per la terza volta dentro il suo
grosso culo. Poi ambedue sfatti e ansimanti crollammo sul letto.
Lei
oscenamente aperta che perdeva sborra dal culo! Altro che contessa
pensai allora, sei una puttana!
Mi
congedò... dicendomi.
-Stanotte
avrò qui nel letto il Colonnello Comandante del Reggimento, gli
parlerò di te, gli chiederò di arruolarti... dimmi, sai leggere e
scrivere?-
-Si...
Signora Contessa...-
Le
distanze abissali di classe fra noi erano tornate ad erigersi.
-Bene...
avrai quasi subito un grado superiore, domani mattina te lo dirò e
avrò bisogno del tuo cazzo di toro, quello del Colonnello non
riuscirà certo a soddisfarmi... vai ora...-
Ripresi
il mio ruolo e tornai alle mie mansioni, in cucina mi aspettavano le
occhiate maliziose delle servette ora interessate e curiose e un
cospicuo piatto di avanzi della cena della sera precedente, avanzi
che divorai.
Alla
fine mi aveva donato una splendida scopata e le ero grato, e lei?
Per
lei... entusiasta!Si vedeva partecipare attivamente alla guerra
rifornendo i ruoli dei Bersaglieri con baldi giovani soldati.
Ottobre
1911. L'ultima donna.
Sbarco
a Tripoli..
Arruolato
grazie all'interessamento della Contessa, passai tutta la primavera e
l'estate nel campo d'addestramento, vita dura, molta disciplina ma di
positivo c'era che si mangiava e in abbondanza. Tanto esercizio
fisico e corse infinite e poi l'istruzione sull'uso delle armi, ma
non era una vita sgradevole, quasi subito ricevetti i gradi di
caporale solo per il fatto di sapere leggere e scrivere. E con il
soldo potevo andare al casino regolarmente e scopare.
Il
nostro Reggimento sbarcò assieme ai fanti di marina e dopo aver
conquistato Tripoli ci insediammo nei fortini delle oasi di Sciara
Schatt e Hennè. Noi dell'11° Bersaglieri e quelli dell'82°
fanteria. Non ancora pronti militarmente fummo attaccati da milizie
turche preponderanti e spalleggiate dalla popolazione tribale. Parte
del Reggimento fu sospinto verso il cimitero e qui dopo strenua
resistenza fu costretto alla resa. Furono catturati così circa
trecento dei nostri compagni e quando con una decisa reazione
riprendemmo la posizione trovammo un vero massacro. I nostri compagni
morti con le mani e i piedi tagliati, alcuni crocifissi e torturati.
Ci
fu quindi una azione di rappresaglia verso il villaggio e per tre
giorni lo passammo a setaccio, uccidendo sul posto chiunque avesse
un'arma, anche un semplice coltello e purtroppo devo confessarlo…
commettemmo molteplici stupri... rispondemmo alla violenza con
altrettanta violenza...
Lei...
la giovane araba era molto bella, di stirpe nobile, figlia del Caid
berbero ed era appena fuori dalla pubertà ma comunque già donna nel
suo mondo, ancora vergine e fui io a rubargliela la verginità, forse
aveva partecipato al massacro dei miei commilitoni o forse no ma in
quel momento ero diventato una bestia ebbra di sangue e di lussuria
che doveva scaricare nel sesso violento la propria febbre di
vendetta.
La
spinsi a terra e le strappai i vestiti, nuda cercò ancora di
difendersi con i denti e le unghie ma senza alcuna possibilità
contro la mia forza, inserii una mia gamba fra le sue costringendola
ad allargarle e poi... la lotta per penetrarla, il suo divincolarsi e
la mia voglia, infine l'attimo nel quale le rubai la verginità
infrangendo il suo imene e il suo successivo e repentino abbandonarsi
disperata al pianto e io che soddisfacevo il mio bisogno bestiale di
maschio svuotandomi dentro di lei...
Mentre
mi rialzavo e rinchiudevo i pantaloni la sentii dire rabbiosamente
qualcosa nella sua lingua e poi alcune parole in uno stentatissimo
italiano...
-
ti leverò gli occhi...-
La
lasciai così, aperta e sanguinante e tornai ad uccidere, ancora non
avevo saziato il mio bisogno di vendetta.
Prendemmo
quindi noi Bersaglieri posizione nel fortino di Hennè, una oasi a
sud di Tripoli... e dei miei ultimi momenti posso solo scrivere fino
a quando ebbi vita...
Fummo
attaccati da un reggimento di regolari turchi che presero posizione
davanti a noi e alle spalle da migliaia di arabi, uomini e donne
armati di ogni cosa atta a uccidere, bastoni, sassi, coltelli e
spade, in breve fummo soverchiati e a nulla servì il nostro
combattere, erano dieci o venti contro uno di noi... impossibile
resistere.
Cosa
ricordo degli ultimi momenti?
Lei...
la giovane araba che avevo violentato.
Io
legato e lei che mi tagliava la bocca da un orecchio all'altro, mi
piantava il coltello nell'inguine e poi... io ancora cosciente, mi
levava gli occhi e finalmente perdevo conoscenza e non soffrivo
più...
le
sue ultime parole...
-Saranno
i miei orecchini!-
L'ultima
donna del Famèi, morto a neanche vent'anni.
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