martedì 28 maggio 2019

LE DISAVVENTURE GIOVANILI DI GENA. (12.)



Gena e la grande paura...

Una idea della vita in un monastero nel medioevo?
No, vero?
Chi conduceva il monastero era il padrone assoluto, nulla trapelava all'esterno di quello che vi succedeva, crudeltà, nefandezze, ogni sorta di abominio poteva esservi compiuto ma tutto veniva trattenuto all'interno e chi si ribellava veniva duramente punito fino a essere minato nella propria volontà se non peggio.
L'unica possibilita' di intervento esterno era il controllo vescovile, infatti ogni un qual tanto avveniva la visita dell'alto prelato ma era una cosa più di prammatica che altro, c'era anche il confessore che poteva intervenire se avesse avuto la coscienza di farlo.
Il confessore.
Il confessore del monastero e' un domenicano, spagnolo come la Badessa, non è dato di sapere storicamente se si conoscessero da prima, Padre Javier è un uomo magrissimo, alto, allampanato, con due freddi occhi di ghiaccio.
Ama far soffrire.
Quanto la Badessa ama godere e cambiare spesso compagna.
La Badessa Madre Cecilia e' una donna giunonica, grosse tette, un grosso culo e una fica perennemente bagnata dal desiderio carnale, adora i giovani corpi delle novizie, le prende, le seduce e le istruisce su come farla godere, devono essere brave con la lingua, con le dita e essere disposte a tutto.
Gena ha una predisposizione del tutto naturale per queste cose, ci arriva d'istinto, ora è impegnata, la sua bocca e' incollata alla fica di Madre Cecilia, sono ambedue nude, Gena è in ginocchio, prona fra le gambe aperte di Cecilia, le sta mordendo le labbra esterne causandole un fremito, succhia il grosso clito inturgidito, lo prende fra le labbra e lo stringe, lo lecca, lo morde, con due dita spinge all'indietro il cappuccetto che lo copre e rivela così il lucido piccolo glande, lo tormenta con la lingua causando i sussulti di piacere della suora.
Mette due dita nella fica allagata dal miele del piacere e mena forte, strofina forte dentro proprio in corrispondenza del clito, all'esterno la lavora con la bocca, all'interno con le dita.
Cecilia si sente prendere, l'orgasmo è talmente forte, dirompente, che perde ogni contatto con il presente, non si accorge di espellere del liquido, un forte getto consistente, un liquido che irrora Gena e che Gena stupita lecca, che beve, per la prima volta Cecilia ha sprizzato, Gena e' riuscita a farla godere cosi' fortemente da provocarlo.
Giocano poi, a Cecilia piace penetrare lungamente. profondamente con le dita nel culo di Gena per poi ritirarle e fargliele leccare, per poi reinserirle, giocano fino a sera inoltrata, godono a lungo, prendono piacere vicendevolmente.

113..érotique
Per alcuni giorni dura l'infatuazione della badessa per Gena, non smettono di godere vicendevolmente di loro, perse in una libidine assurda.
Suor Cecilia le dice che ci sarà, appena farà buio, una cerimonia speciale, riservata a Gena, ci saranno loro, il confessore, alcune suore e i due frati.
Quella sera c'è un ordine tassativo nel convento, nessuna potrà uscire dalla propria cella per nessuna ragione.
La Badessa si veste, mette la tonaca e sotto nulla, a Gena fa indossare una tunichetta bianca, trasparente, sembra una martire cristiana.
Quando entrano nella chiesa del monastero gli altri convenuti sono schierati al bordo dell'unica navata, ci sono i tre religiosi e tre monache.
L'altare è stato ricoperto da un drappo nero come nero è il drappo che ricopre una specie di ara sacrificale, sopra la quale c'e' un fascio sparso di gigli neri.
Il giglio nero! Il fiore del male!
Nasce solamente nel luoghi dedicati al demonio!
Lì vi nasce spontaneamente!
Senza esservi seminato!
In questo monastero vi nasceva così, spontaneamente 
belli, rigogliosi, come se fossero curati dal diavolo in persona!
Tutti i presenti si accodano alla Badessa che sta sorreggendo una croce spoglia e tenuta al rovescio, al rovescio... è un segno di dispregio a dio e si muovono in processione lungo la chiesa fino ad arrivare al piano sacrificale.
Gena?
Possibile che non abbia paura?
Che non desideri fuggire?
Che non veda la perversione assoluta di questa cosa?
Ma Gena è unica e ne gode! 

Gena è speciale, sa, immagina, che soffrirà e sa che godrà di questo.
Viene denudata.
E lei si mostra senza pudore.
Si spogliano anche i religiosi e le suore.
I due frati, dediti più alla copula che alle preghiere sono già visibilmente eccitati, i grossi cazzi ritti e duri come mezzi manici di piccone a differenza del domenicano magro allampanato con un cazzo moscio senza vita.
Le religiose?
Tutte con indosso solo il copricapo monacale, la madre badessa esibisce il suo corpo generoso e le tre altre suore sono belle.
Prendono Gena e la alzano posandola sul piano coperto dai gigli neri e le loro mani la palpano, premono, penetrano forte, violentemente, si trova ad essere riempita da una molteplicità di dita crudeli, la pizzicano, la mordono forte, lasciandola coperta dai segni dei denti, poi le donne le baciano la fica.
Padre Javier la fa girare mettendola pancia sotto, la lega ad appositi anelli e prende un lungo scudiscio di cuoio e inizia a percuoterla, forte, sulle natiche, lasciandole presto i segni dei colpi mentre le suore le impediscono di gridare baciandole eccitate la bocca.
Fra Pietro e Rocco non vanno per il sottile, costringono due delle suore a terra, culo all'aria e le prendono con una violenza estrema senza alcuna preparazione, le violentano, vogliono che anche loro soffrano e le prendono nel culo senza nessun riguardo.
Il domenicano sale sul piano, ora è visibilmente eccitato dall'atto di violenza compiuto, dall'uso della frusta ed è pronto e mentre urla la sua libidine la prende, ma la sua verga è piccola e molliccia e appena la penetra, viene con un gemito.
Si svuota il domenicano nel culo di Gena, viene subito e la insulta pesantemente per questo, la percuote forte con le mani nodose provocandole dei gemiti di dolore.
Ha perso la testa Javier.
Odia profondamente le donne Javier, le odia per la sua poca prestanza, per la sua incapacità di farle godere e per mille altri motivi.
Prende una croce, una croce nuda, è di legno scurito dai secoli, con una punta e con questa si appresta a violare Gena, vuole violentarla con la grossa asta squadrata, appuntita, si avvicina urlando frasi sconnesse, parla del demonio, della dannazione e altre frasi farneticanti del genere.
Gena vede la morte ora! 


Quel palo la ucciderebbe o la rovinerebbe per sempre quanto meno!
Urla ora...
Urla e richiama l'attenzione dei frati, Madre Cecilia riprende severamente il domenicano, gli dice di calmarsi, che non è ancora il momento, che deve aspettare.
Pietà?
E' questo che muove Madre Cecilia?
No... vuole solo godere ancora di Gena, poi la lascerà a Javier, è tutto deciso.
I due frati si guardano, sanno delle voci che circolano, delle novizie che spariscono e ora capiscono il perché, il come e chi ne è responsabile.
Non lo sanno ma il luogo dove crescono i gigli neri nasconde i corpi di innumerevoli innocenti e il fiore del diavolo se ne nutre.
Li implora Gena, chiama Pietro e Rocco, chiede la loro pietà, il loro aiuto.
E... e avviene che la loro coscienza di uomini li fa intervenire.
Rocco guarda Pietro, loro sono peccatori, lussuriosi, copulatori, bestemmiatori, ma non vogliono essere complici di una cosa tanto atroce e poi a loro modo sono affezionati a Gena, sanno che se l'abbandonano questa non uscirà più dal convento.
Spingono le suore contro la parete della chiesa minacciandole, liberano Gena e la fanno vestire con una tonaca da suora e si dedicano al domenicano.
Vogliono punire duramente questo uomo crudele con un castigo altrettanto crudele, definitivo.
Lo prendono. lo trattengono a forza, sono due uomini nel pieno della loro forza fisica, nulla può Javier contro loro, lo legano allo stesso posto dove era legata Gena.
E Pietro prende la croce, passa la mano lungo il bordo appuntito...
Javier urla, urla quanto le sue vittime, urla da donna, mentre il grosso palo gli sfonda l'intestino perforandolo!
Lo lasciano lì, nel tormento dell'agonia, lo lasciano morire mentre un fiume di sangue scorre dal suo ano.
Sarà seppellito nel posto dei gigli neri e nulla trapelerà, nulla.
Gena, il padre Bernardo e i due frati ripartono, riprendono il loro cammino, destinazione Martigny e poi il lago di Ginevra, allora conosciuto come "lacus lemanus" o "lacus lausonnius"...

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