lunedì 30 aprile 2018
SONIA. Un racconto di Chiara.
Sonia era venuta a stare da noi per un
paio di mesi, i suoi genitori, nonchè mio fratello e sua moglie,
erano partiti per un viaggio di lavoro in Nuova Zelanda. Nonostante
mia nipote fosse sempre stata una ragazza responsabile, matura e con
la testa sulle spalle, come tutte le figlie, era considerata ancora
una bambina da mamma e papà, i quali, vista la loro prolungata e
assenza, avevano preferito stesse con gli zii, piuttosto che in casa
da sola.
Non ci dispiacque averla tra di noi, i nostri bambini erano più che entusiasti di conoscere la loro cugina, ed io e mia moglie felici di rivedere nostra nipote dopo tanti anni.
Nessuno avrebbe mai immaginato che il perfetto quadretto familiare potesse essere messo a repentaglio da una presenza tanto innocua.
L'ultima volta che avevo visto Sonia aveva 14 anni, e non si può certo dire fosse una bella ragazzina, magra e dinoccolata, pallidissima, portava gli occhiali e l' apparecchio, ma, in compenso, era la la quattordicenne più sveglia ed intelligente che avessi mai conosciuto.
Immaginate la sopresa quando, all'aeroporto, la donna che mi stava venendo incontro era totalmente diversa dalla bambina di qualche anno prima. Non faceva nulla per mettersi in mostra, non portava tacchi vertiginosi e minogonne ascellari, o trucco sofisticato. Era con un paio di jeans, una felpa ed scarpe da tennis, ma tutti gli occhi erano puntati su di lei.
"Zio!" mi urlò, abbracciandomi calorosamente
"Sonia, tesoro" risposi, con voce tremante, mentre sentivo il suo corpo giovane e caldo, stringermi in una piacevolissima morsa, aspirando il suo profumo a pieni polmoni.
Feci giusto in tempo a sciogliermi da quell'abbraccio, prima che mia nipote potesse avvertire la mia inaspettata erezione spingere contro il suo pube.
"Fe freddino qui, eh?" chiesi, chiudendo il cappotto e nascondendo l'inequivocabile gonfiore che premeva contro il cavallo dei pantaloni.
"Non me ne parlare, Zio! Stò congelando" rispose con uno smagliante ed innocente sorriso.
Avevo già capito che quelli sarebbero stati i mesi più lunghi e difficili della mia vita. La mia vita sessuale era inesistente ormai da qualche anno, salvo i famosi pompini della mia segretaria e le frequenti scappatelle con qualche collega, durante i numerosi convegni. Mia moglie, non si può dire fosse mai stata un'amante del sesso, e con l'andare del tempo la frequenza dei nostri rapporti era ormai prossima allo zero, senza che io, in effetti, quelle rade volte, ricavassi una sufficiente soddisfazione. Era una brava donna ed un ottima madre, questo era innegabile, ma una pessima amante.
Immaginate, quindi, l'effetto che una ragazzina giovane e piena di vita, potesse sortire alla mia monotona vita.
In pochissimi giorni, Sonia si era perfettamente ambientata in casa nostra, i suoi cuginetti l'adoravano, così come mia moglie, che vedeva in lei la figlia femmina che non aveva mai avuto, avendo due bambini maschi, Perfino io, passavo da stadi di tremenda ed incontenibile eccitazione, osservando con occhi da uomo, il corpo snello e perfetto, la pelle di porcellana, le gote rosse e i due fanali verdi che erano i suoi occhi, e stadi di affetto incondizionato, da zio, appunto, mentre aiutava mia moglie in cucina, o giocava con i nostri figli, o più banalmente arricciava le sopracciglia mentre memorizzava noiosi libri universitari. Una bellezza innocente, pura, quasi casta, ma in grado di fare impazzire qualsiasi uomo.
Dal mio canto, mi vergonavo di quello che provavo, mi vergognavo delle innumerevoli seghe che ero costretto a farmi, anche più di una volta al giorno, per placare quella spropositata reazione. Mi vergonavo di vedere il suo viso, sudato ed ansimante, la sua bocca, emettere suoni e parole oscene, stridenti con il suo angelico aspetto, mentre scopavo con mia moglie.
Abitavamo in campagna, il che non era il massimo per una diciottenne, quindi, la portavamo con noi, al cinema, al ristorante, alle cene di lavoro, al teatro. Mia moglie voleva si divertisse, non poteva, a parer suo, restare due mesi segregata nella villetta di campagna senza conoscere anima viva. Non ci vollero più di due settimane, infatti che Sonia conobbe gente nuova, più o meno della sua età, e preferiva, dunque, uscire con loro, piuttosto che accompagnarci nelle nostre noiose uscite da quarantenni.
Fu un sabato sera, infatti, che accadde ciò che non sarebbe mai dovuto accadere.
Sonia era sotto la doccia, stava preparandosi per uscire, scherzava con Giulio, mio figlio più piccolo, che a sua insaputa giocherelleva col il cellulare. Sonia se ne accorse, e prima che iniziasse a chiamare tutta la rubrica, provò a fermarlo, afferrò una tovaglia, si coprì alla menopeggio ed inseguì Giulio per tutta casa. Arrivò in cucina, dove stavo pigramente preparando una tazza di te, ed un attimo prima che riuscisse ad afferrare il cellulare dalle mani di mio figlio, la minuscola tovaglia che la copriva a stento si impigliò nella maniglia della porta, denunandola completamente.
Rimasi come un ebete a fissarla, mentre tentava come la venere di Botticelli, di coprirsi come meglio poteva, arrossendo terribilmente.
"Zio, cazzo, girati!" mi urlò, dopo attimi che per me sembrarono ore.
Riacquistato quel minimo di lucidità necessaria, mi girai di spalle, con gli occhi fissi nel vuoto.
"Scusami, potresti dire a Giulio di non giocherellare col mio cellulare per favore?" disse.
"Si, certo, scusami tu". risposi meccanicamente, mentre mia nipote si rivestiva e tornava in bagno. Pochi minuti dopo, il citofono mi risvegliò dallo stato di trance in cui ero caduto.
Era un conoscente di Sonia, era passato a prenderla. Lo guardavo con occhi indagatori, quasi arrabbiati, avevo iniziato a vedere Sonia come una cosa mia, una scultura animata danzante per casa il cuo solo scopo era farmi godere della sua vista e della sua presenza, e l'idea che questo ragazzotto se la sarebbe con tutta probabilità scopata, stasera, mi dava letteralmente alla testa.
"Eccomi" rispose mia nipote da dietro le mie spalle. "Zio, non tornerò tardi, tranquillo" schioccandomi un bacio sulla guancia e lanciando un'occhiata complice al suo compagno. Mi rifiutavo di pensarlo. "no, la nia nipotina non farà mai sesso con un tipo del genere" "Posso scomettere sia ancora vergine" pensavo, cercando di autoconvincermi.
Fumavo nervosamente in salotto, mentre mia moglie continuava a ripetermi di raggiungerla a letto. Per un attimo mi sentì il classico padre possessivo e geloso della propria figlia, ma la mia gelosia era chiaramente di tutt'altra natura. Guardavo l'orologio, le due, di notte, la mia consorte aveva ormai cessato i suoi richiami, e si era, con ogni probabilità addormentata, quando sentì, finalmente una macchina fermarsi sotto casa nostra. Scattai sull'attenti e sbirciai dalla finestra ciò che accadeva laggiù.
Parlottavano, ridevano, scherzavano, tanto che mi ero quasi assuefatto all'idea che, effettivamente, non avessero fatto nulla, fuorchè andare a bere qualcosa insieme. Ma quando vidi quell'uomo afferrare la mia adorata nipotina per le natiche, alzandola, quanto bastasse perchè ella potesse reggersi al suo bacino, incrociando le gambe dietro la schiena, ed incollarsi con tanta foga alla sua bocca, che le mie speranze capitolarono definitivamente. Adesso le mani di quel ragazzotto carezzavano nervosamente la schiena, scendendo fino al culo, alzavano i lembi della gonna, mettendo in mostra due chiappe bianche contornate da un perizoma nero e il bordo delle autoreggenti colorate, che iniziava una decina di centimetri più in basso. Ero furioso, accecato dalla gelosia,ma la mia parte razionale sapeva che Sonia aveva diciott'anni, non era mia figlia, ed aveva, giustamente, diritto a godersi la sua vita sessuale. Tuttavia, quando una mano scostò il misero filo del perizoma, e rudi dita si infrufolarono chiaramente dentro mia nipote, non ressi al colpo, appoggiandomi al vetro della finestra con entrambe le mani. Sonia udì il rumore, voltandosi velocemente verso la finestra dalla quale la osservavo, con sguardo preoccupato. Sguardo che mutò in pochi secondi, non appena mi vide. Scese, senza voltarsi verso il suo compagno, che nel frattempo le baciava il collo senza sosta, e con gli occhi fissi nei miei, infilò la mano dentro i suoi jeans, cominciando ad accarezzare il suo membro, con movimenti volutamente enfatizzati.
Aveva toccato il fondo, o per meglio dire, io avevo toccato il fondo, in preda ad un cieco furore, mi decisi a scendere, per mettere fine a questo insostenibile spettacolo. Ma prima che finissi di scendere la rampa di scale, sentì la macchina accendere il motore ed andar via, e le chiavi infilarsi nella toppa della porta.
Mi bloccai, col cuore il gola, nell'atrio, illuminato soltanto dalla luce della luna piena, che si rifletteva, senza l'ostacolo delle nuvole, sul parquet di legno. Su questo si disegnò la sagoma della porta, che andava aprendosi, e poi la figura di Sonia. Entrò, chiudendo il portone alle sue spalle, si appoggiò allo stipite di questo, e mi fissò.
Non riuscivo a decifrare il suo sguardo, per quanto ci provassi, sembrava di ghiaccio, non mostrava espressione alcuna.
Fu quando iniziò a spogliarsi, che una luce perversa le si accese in viso. Io restavo li, inebetito, mentre vedevo mia nipote che andava pian piano denudandosi davanti a me, ed io mi sedevo sui gradini, ammirando, senza parole, lo spogliarello più eccitante che avessi mai visto. I battiti cardiaci aumentavano, mano a mano che Sonia si liberava da uno degli indumenti. Arrivò al parossismo, quando, togliendosi gli slip, si sedette, a gambe aperte, su una sedia poco distante, mostrandomi quello che sognavo da settimane: una figa giovane, rossa e gonfia, coperta da una radissima peluria bionda, aperta, oscenamente, davanti a me. Restò così qualche secondo, mentre io, pochi metri più in la, andavo in debito di ossigeno ed iniziavo a sudare freddo. Che fare? Era pur sempre mia nipote, figlia di mio fratello, era più di vent'anni più giovane di me. Mi dibattevo, provando con tutte le mie forze a resistere. Forze che, crollarono, quando sottovoce mi disse "Vieni qui". Persi il controllo delle mie azioni, mi alzai, dirigendomi verso di lei, mi inginocchiai, ai piedi della sua sedia, e la fissai, negli occhi, aspettando il suo esplicito invito.
"Mangiami" sussurrò, ed in un attimo la mia bocca iniziò a divorarle la figa. La gustavo, come una pesca matura, assaggiandola con la bocca aperta, per non lasciarne un centimetro scoperto. Mugolava, silenziosamente, mentre la mia lingua ispezionava ogni orificio, e le labbra, chiudendosi, succhiavano il clitoride. Afferrò il mio capo, spingendolo ancora verso il suo pube, che muoveva, convulsamente, in preda a numerosi orgasmi, il cui prodotto mi apprestavo a succhiare, goloso.
Nel frattempo sentivo il mio cazzo inturgidirsi rapidamente, raggiungendo la più potente erezione mai avuta. Sentivo i boxer stringere tremendamente, e tutto ciò che desideravo, adesso, era liberarlo dai vestiti ed inzupparlo in quella caldissima fornace.
Così feci, avvicinandomi a mia nipote e puntandolo dritto sul suo giovane fiorellino. Mi guardò, per un attimo ebbi l'impressione che volesse fermarmi, i suoi occhi erano quelli di chi non sa cosa fare. Poi, in un colpo secco, la penetrai.
Fu quando sentì un chiaro rumore, provenire dal suo fiorellino, avvertire, col glande, qualcosa lacerarsi, laggiù, ed il mio membro, avvolto da pareti strettissime, che capì cosa volessero dirmi quegli occhi, adesso chiusi in una smorfia di dolore. Ne rimasi stupito, mi sfilai da lei, sconvolto, inginocchiandomi e leccando, come una madre i suoi cuccioli feriti, le gocce di sangue che colavano dall'appena deflorato fiorellino.
"Perchè non me lo hai detto?" chiesi.
"Perchè ti volevo, e se te lo avessi detto non lo avresti mai fatto". Mia nipote mi aveva capito. "Continua adesso, ti prego. Voglio essere tua, insegnami tutto".
La presi il braccio, portandola sul tappeto e mi sdraiai su di lei. Iniziai a scoparla, lentamente, lasciando che le pareti si allargassero e si abituassero alla nuova presenza. La baciai, a lungo, mentre il suo bacino iniziava ad accompagnarmi nei movimenti, venendomi incontro, ansimando, in un misto di dolore e piacere, dentro la mia bocca.
Mi girò, mettendosi lei, questa volta a cavalcioni su di me. Esitò un attimo, quando si sedette sul mio cazzo lasciandosi penetrare completamente da questo, poi, iniziò a cavalcarmi, sempre più velocemente, ed io pregavo perchè fossi in grado di resistere il più possibile, mentre una strettissima e meravigliosa morsa faceva su e giù sul mio cazzo, lubrificato da un misto di sangue ed umori.
Capii che ero ormai prossimo all'orgasmo, e mi adoperai per affrettare il suo. La afferrai per il bacino, tenendola ferma, un paio di decine di centimetri sopra di me, e con rapidissimi movimenti, muovevo la mia pelvi verso l'alto. Le piaceva, si vedeva dai suoi occhi chiusi per il piacere, la bocca spalancata ansimare rumorosamente e, finalmente, dalle contrazioni vaginali, chiare testimoni di un potente orgasmo. La seguì a ruota, venendo dentro di lei, pochi attimi dopo.
Quindi, si accasciò su di me, restando così, ferma per qualche minuto. Le carezzavo la schiena, i capelli, le baciavo l'orecchio, mentre sentivo il suo respiro sul mio collo, tornare, lentamente regolare, ed i suoi battiti decelerare. La afferrai per il viso, ne ammirai le guance arrossate, gli occhi lucidi, e la boccuccia semiaperta, sulla quale mi lanciai con foga, baciandola con passione, per un tempo che sembrò infinito.
"Caro, sei ancora sveglio?" una voce impastata dal sonno risuonò dalla camera da letto al piano di sopra.
"Si cara, stò arrivando" urlai con il poco fiato che mi era rimasto nei polmoni. "Andiamo a letto, bambolina, o tua zia scoprirà tutto".
Annuì con un sorriso, la osservavo, incantato mentre raccoglieva rapidamente le sue cose e si dirigeva in camera. Poi la imitai, sistemando alla menopeggio il tappeto e ficcandomi sotto le coperte, insieme a mia moglie, di nuovo addormentata. Caddi tra le braccia di morfeo, mentre odoravo le mie mani, che sapevano ancora del suo profumo, e sentivo il mio cazzo, ancora turgido, laggiù, ricoperto dei suoi umori.
Non ci dispiacque averla tra di noi, i nostri bambini erano più che entusiasti di conoscere la loro cugina, ed io e mia moglie felici di rivedere nostra nipote dopo tanti anni.
Nessuno avrebbe mai immaginato che il perfetto quadretto familiare potesse essere messo a repentaglio da una presenza tanto innocua.
L'ultima volta che avevo visto Sonia aveva 14 anni, e non si può certo dire fosse una bella ragazzina, magra e dinoccolata, pallidissima, portava gli occhiali e l' apparecchio, ma, in compenso, era la la quattordicenne più sveglia ed intelligente che avessi mai conosciuto.
Immaginate la sopresa quando, all'aeroporto, la donna che mi stava venendo incontro era totalmente diversa dalla bambina di qualche anno prima. Non faceva nulla per mettersi in mostra, non portava tacchi vertiginosi e minogonne ascellari, o trucco sofisticato. Era con un paio di jeans, una felpa ed scarpe da tennis, ma tutti gli occhi erano puntati su di lei.
"Zio!" mi urlò, abbracciandomi calorosamente
"Sonia, tesoro" risposi, con voce tremante, mentre sentivo il suo corpo giovane e caldo, stringermi in una piacevolissima morsa, aspirando il suo profumo a pieni polmoni.
Feci giusto in tempo a sciogliermi da quell'abbraccio, prima che mia nipote potesse avvertire la mia inaspettata erezione spingere contro il suo pube.
"Fe freddino qui, eh?" chiesi, chiudendo il cappotto e nascondendo l'inequivocabile gonfiore che premeva contro il cavallo dei pantaloni.
"Non me ne parlare, Zio! Stò congelando" rispose con uno smagliante ed innocente sorriso.
Avevo già capito che quelli sarebbero stati i mesi più lunghi e difficili della mia vita. La mia vita sessuale era inesistente ormai da qualche anno, salvo i famosi pompini della mia segretaria e le frequenti scappatelle con qualche collega, durante i numerosi convegni. Mia moglie, non si può dire fosse mai stata un'amante del sesso, e con l'andare del tempo la frequenza dei nostri rapporti era ormai prossima allo zero, senza che io, in effetti, quelle rade volte, ricavassi una sufficiente soddisfazione. Era una brava donna ed un ottima madre, questo era innegabile, ma una pessima amante.
Immaginate, quindi, l'effetto che una ragazzina giovane e piena di vita, potesse sortire alla mia monotona vita.
In pochissimi giorni, Sonia si era perfettamente ambientata in casa nostra, i suoi cuginetti l'adoravano, così come mia moglie, che vedeva in lei la figlia femmina che non aveva mai avuto, avendo due bambini maschi, Perfino io, passavo da stadi di tremenda ed incontenibile eccitazione, osservando con occhi da uomo, il corpo snello e perfetto, la pelle di porcellana, le gote rosse e i due fanali verdi che erano i suoi occhi, e stadi di affetto incondizionato, da zio, appunto, mentre aiutava mia moglie in cucina, o giocava con i nostri figli, o più banalmente arricciava le sopracciglia mentre memorizzava noiosi libri universitari. Una bellezza innocente, pura, quasi casta, ma in grado di fare impazzire qualsiasi uomo.
Dal mio canto, mi vergonavo di quello che provavo, mi vergognavo delle innumerevoli seghe che ero costretto a farmi, anche più di una volta al giorno, per placare quella spropositata reazione. Mi vergonavo di vedere il suo viso, sudato ed ansimante, la sua bocca, emettere suoni e parole oscene, stridenti con il suo angelico aspetto, mentre scopavo con mia moglie.
Abitavamo in campagna, il che non era il massimo per una diciottenne, quindi, la portavamo con noi, al cinema, al ristorante, alle cene di lavoro, al teatro. Mia moglie voleva si divertisse, non poteva, a parer suo, restare due mesi segregata nella villetta di campagna senza conoscere anima viva. Non ci vollero più di due settimane, infatti che Sonia conobbe gente nuova, più o meno della sua età, e preferiva, dunque, uscire con loro, piuttosto che accompagnarci nelle nostre noiose uscite da quarantenni.
Fu un sabato sera, infatti, che accadde ciò che non sarebbe mai dovuto accadere.
Sonia era sotto la doccia, stava preparandosi per uscire, scherzava con Giulio, mio figlio più piccolo, che a sua insaputa giocherelleva col il cellulare. Sonia se ne accorse, e prima che iniziasse a chiamare tutta la rubrica, provò a fermarlo, afferrò una tovaglia, si coprì alla menopeggio ed inseguì Giulio per tutta casa. Arrivò in cucina, dove stavo pigramente preparando una tazza di te, ed un attimo prima che riuscisse ad afferrare il cellulare dalle mani di mio figlio, la minuscola tovaglia che la copriva a stento si impigliò nella maniglia della porta, denunandola completamente.
Rimasi come un ebete a fissarla, mentre tentava come la venere di Botticelli, di coprirsi come meglio poteva, arrossendo terribilmente.
"Zio, cazzo, girati!" mi urlò, dopo attimi che per me sembrarono ore.
Riacquistato quel minimo di lucidità necessaria, mi girai di spalle, con gli occhi fissi nel vuoto.
"Scusami, potresti dire a Giulio di non giocherellare col mio cellulare per favore?" disse.
"Si, certo, scusami tu". risposi meccanicamente, mentre mia nipote si rivestiva e tornava in bagno. Pochi minuti dopo, il citofono mi risvegliò dallo stato di trance in cui ero caduto.
Era un conoscente di Sonia, era passato a prenderla. Lo guardavo con occhi indagatori, quasi arrabbiati, avevo iniziato a vedere Sonia come una cosa mia, una scultura animata danzante per casa il cuo solo scopo era farmi godere della sua vista e della sua presenza, e l'idea che questo ragazzotto se la sarebbe con tutta probabilità scopata, stasera, mi dava letteralmente alla testa.
"Eccomi" rispose mia nipote da dietro le mie spalle. "Zio, non tornerò tardi, tranquillo" schioccandomi un bacio sulla guancia e lanciando un'occhiata complice al suo compagno. Mi rifiutavo di pensarlo. "no, la nia nipotina non farà mai sesso con un tipo del genere" "Posso scomettere sia ancora vergine" pensavo, cercando di autoconvincermi.
Fumavo nervosamente in salotto, mentre mia moglie continuava a ripetermi di raggiungerla a letto. Per un attimo mi sentì il classico padre possessivo e geloso della propria figlia, ma la mia gelosia era chiaramente di tutt'altra natura. Guardavo l'orologio, le due, di notte, la mia consorte aveva ormai cessato i suoi richiami, e si era, con ogni probabilità addormentata, quando sentì, finalmente una macchina fermarsi sotto casa nostra. Scattai sull'attenti e sbirciai dalla finestra ciò che accadeva laggiù.
Parlottavano, ridevano, scherzavano, tanto che mi ero quasi assuefatto all'idea che, effettivamente, non avessero fatto nulla, fuorchè andare a bere qualcosa insieme. Ma quando vidi quell'uomo afferrare la mia adorata nipotina per le natiche, alzandola, quanto bastasse perchè ella potesse reggersi al suo bacino, incrociando le gambe dietro la schiena, ed incollarsi con tanta foga alla sua bocca, che le mie speranze capitolarono definitivamente. Adesso le mani di quel ragazzotto carezzavano nervosamente la schiena, scendendo fino al culo, alzavano i lembi della gonna, mettendo in mostra due chiappe bianche contornate da un perizoma nero e il bordo delle autoreggenti colorate, che iniziava una decina di centimetri più in basso. Ero furioso, accecato dalla gelosia,ma la mia parte razionale sapeva che Sonia aveva diciott'anni, non era mia figlia, ed aveva, giustamente, diritto a godersi la sua vita sessuale. Tuttavia, quando una mano scostò il misero filo del perizoma, e rudi dita si infrufolarono chiaramente dentro mia nipote, non ressi al colpo, appoggiandomi al vetro della finestra con entrambe le mani. Sonia udì il rumore, voltandosi velocemente verso la finestra dalla quale la osservavo, con sguardo preoccupato. Sguardo che mutò in pochi secondi, non appena mi vide. Scese, senza voltarsi verso il suo compagno, che nel frattempo le baciava il collo senza sosta, e con gli occhi fissi nei miei, infilò la mano dentro i suoi jeans, cominciando ad accarezzare il suo membro, con movimenti volutamente enfatizzati.
Aveva toccato il fondo, o per meglio dire, io avevo toccato il fondo, in preda ad un cieco furore, mi decisi a scendere, per mettere fine a questo insostenibile spettacolo. Ma prima che finissi di scendere la rampa di scale, sentì la macchina accendere il motore ed andar via, e le chiavi infilarsi nella toppa della porta.
Mi bloccai, col cuore il gola, nell'atrio, illuminato soltanto dalla luce della luna piena, che si rifletteva, senza l'ostacolo delle nuvole, sul parquet di legno. Su questo si disegnò la sagoma della porta, che andava aprendosi, e poi la figura di Sonia. Entrò, chiudendo il portone alle sue spalle, si appoggiò allo stipite di questo, e mi fissò.
Non riuscivo a decifrare il suo sguardo, per quanto ci provassi, sembrava di ghiaccio, non mostrava espressione alcuna.
Fu quando iniziò a spogliarsi, che una luce perversa le si accese in viso. Io restavo li, inebetito, mentre vedevo mia nipote che andava pian piano denudandosi davanti a me, ed io mi sedevo sui gradini, ammirando, senza parole, lo spogliarello più eccitante che avessi mai visto. I battiti cardiaci aumentavano, mano a mano che Sonia si liberava da uno degli indumenti. Arrivò al parossismo, quando, togliendosi gli slip, si sedette, a gambe aperte, su una sedia poco distante, mostrandomi quello che sognavo da settimane: una figa giovane, rossa e gonfia, coperta da una radissima peluria bionda, aperta, oscenamente, davanti a me. Restò così qualche secondo, mentre io, pochi metri più in la, andavo in debito di ossigeno ed iniziavo a sudare freddo. Che fare? Era pur sempre mia nipote, figlia di mio fratello, era più di vent'anni più giovane di me. Mi dibattevo, provando con tutte le mie forze a resistere. Forze che, crollarono, quando sottovoce mi disse "Vieni qui". Persi il controllo delle mie azioni, mi alzai, dirigendomi verso di lei, mi inginocchiai, ai piedi della sua sedia, e la fissai, negli occhi, aspettando il suo esplicito invito.
"Mangiami" sussurrò, ed in un attimo la mia bocca iniziò a divorarle la figa. La gustavo, come una pesca matura, assaggiandola con la bocca aperta, per non lasciarne un centimetro scoperto. Mugolava, silenziosamente, mentre la mia lingua ispezionava ogni orificio, e le labbra, chiudendosi, succhiavano il clitoride. Afferrò il mio capo, spingendolo ancora verso il suo pube, che muoveva, convulsamente, in preda a numerosi orgasmi, il cui prodotto mi apprestavo a succhiare, goloso.
Nel frattempo sentivo il mio cazzo inturgidirsi rapidamente, raggiungendo la più potente erezione mai avuta. Sentivo i boxer stringere tremendamente, e tutto ciò che desideravo, adesso, era liberarlo dai vestiti ed inzupparlo in quella caldissima fornace.
Così feci, avvicinandomi a mia nipote e puntandolo dritto sul suo giovane fiorellino. Mi guardò, per un attimo ebbi l'impressione che volesse fermarmi, i suoi occhi erano quelli di chi non sa cosa fare. Poi, in un colpo secco, la penetrai.
Fu quando sentì un chiaro rumore, provenire dal suo fiorellino, avvertire, col glande, qualcosa lacerarsi, laggiù, ed il mio membro, avvolto da pareti strettissime, che capì cosa volessero dirmi quegli occhi, adesso chiusi in una smorfia di dolore. Ne rimasi stupito, mi sfilai da lei, sconvolto, inginocchiandomi e leccando, come una madre i suoi cuccioli feriti, le gocce di sangue che colavano dall'appena deflorato fiorellino.
"Perchè non me lo hai detto?" chiesi.
"Perchè ti volevo, e se te lo avessi detto non lo avresti mai fatto". Mia nipote mi aveva capito. "Continua adesso, ti prego. Voglio essere tua, insegnami tutto".
La presi il braccio, portandola sul tappeto e mi sdraiai su di lei. Iniziai a scoparla, lentamente, lasciando che le pareti si allargassero e si abituassero alla nuova presenza. La baciai, a lungo, mentre il suo bacino iniziava ad accompagnarmi nei movimenti, venendomi incontro, ansimando, in un misto di dolore e piacere, dentro la mia bocca.
Mi girò, mettendosi lei, questa volta a cavalcioni su di me. Esitò un attimo, quando si sedette sul mio cazzo lasciandosi penetrare completamente da questo, poi, iniziò a cavalcarmi, sempre più velocemente, ed io pregavo perchè fossi in grado di resistere il più possibile, mentre una strettissima e meravigliosa morsa faceva su e giù sul mio cazzo, lubrificato da un misto di sangue ed umori.
Capii che ero ormai prossimo all'orgasmo, e mi adoperai per affrettare il suo. La afferrai per il bacino, tenendola ferma, un paio di decine di centimetri sopra di me, e con rapidissimi movimenti, muovevo la mia pelvi verso l'alto. Le piaceva, si vedeva dai suoi occhi chiusi per il piacere, la bocca spalancata ansimare rumorosamente e, finalmente, dalle contrazioni vaginali, chiare testimoni di un potente orgasmo. La seguì a ruota, venendo dentro di lei, pochi attimi dopo.
Quindi, si accasciò su di me, restando così, ferma per qualche minuto. Le carezzavo la schiena, i capelli, le baciavo l'orecchio, mentre sentivo il suo respiro sul mio collo, tornare, lentamente regolare, ed i suoi battiti decelerare. La afferrai per il viso, ne ammirai le guance arrossate, gli occhi lucidi, e la boccuccia semiaperta, sulla quale mi lanciai con foga, baciandola con passione, per un tempo che sembrò infinito.
"Caro, sei ancora sveglio?" una voce impastata dal sonno risuonò dalla camera da letto al piano di sopra.
"Si cara, stò arrivando" urlai con il poco fiato che mi era rimasto nei polmoni. "Andiamo a letto, bambolina, o tua zia scoprirà tutto".
Annuì con un sorriso, la osservavo, incantato mentre raccoglieva rapidamente le sue cose e si dirigeva in camera. Poi la imitai, sistemando alla menopeggio il tappeto e ficcandomi sotto le coperte, insieme a mia moglie, di nuovo addormentata. Caddi tra le braccia di morfeo, mentre odoravo le mie mani, che sapevano ancora del suo profumo, e sentivo il mio cazzo, ancora turgido, laggiù, ricoperto dei suoi umori.
domenica 29 aprile 2018
sabato 28 aprile 2018
NEI PANNI DI UNA BIONDA... LO SCIAMANO! (racconto di Ambra!)
Nei
panni di una bionda… lo sciamano
La
bella infermierina è tornata a darsi da fare tra le mie gambe e, in
quel po’ di lucidità che mi viene, vedo le sue tette ondeggiare…
dio mio… ma quanto cazzo godono le donne?
Sento
quella lingua piccola e appuntita che penetra ed esce inumidendo i
contorni della mia figa e poi sul clitoride… DIOOOOOOOO MI FA
MORIREEEE!
La
mia figa, poi? Stranissimo dirlo… solo che ho una insolita voglia
di cazzo….
Cazzo,
a proposito di cazzo… chissà il mio corpo che fine ha fatto!
Scanso la ragazza e le chiedo dei vestiti. Lei me ne porta ma li
infilo a fatica… il solo sfiorarmi mi eccita ancora! Mica è facile
abituarsi!
L’infermiera
mi aiuta a vestirmi… non ha trovato un reggiseno e allora infilo la
maglietta senza, con i capezzoli durissimi che sporgono dalla stoffa.
Mentre mi aggiro per i corridoi dell’ospedale chiedo informazioni
agli infermieri che rispondono biascicando dopo avermi ben fissato le
tette… stronzi, ecco perché le donne si lamentano… davanti a due
poppe si rincoglioniscono! Sveglia!!!
Dopo
tanta fatica e tanto chiedere finalmente trovo la stanza… vuota…
nessun parente o altro. Quella puttana della modella non è
venuta… che sia ancora incazzata perché l’ho inculata? Toh! Un
mazzo di fiori! Indovina indovina di chi è? E’ di mio padre…
tanti saluti dal Marocco… mi spiace per il tuo incidente, bla bla
bla… si, ma chissenefrega… dove sta il mio corpo?
Mentre
mi aggiro per la stanza sento dei rumori provenire dallo stanzino a
fianco… apro la porta, è il cesso!
Ci
trovo dentro me cioè la bionda che tenta invano di pisciare nella
tazza senza ben riuscirci.
DIO
MIO, LA MIA POVERA MINCHIA! Sembra un uccello spaurito…!
Però
osservandolo pensavo peggio… non lo ha tagliato di netto coi denti
ma certo un po’ di punti se li ritrova… mmm… a vederlo è così
bello che mi ci scoperei... dio mio, che vado a pensare?
La
tipa mi molla un ceffone sulla spalla… ahia! Cavolo se fa male! Ma
ha le mani di ferro?
Si
siede incazzata sul letto.
“Scommetto
che mi hai toccato le tette!” urla arrabbiata.
Se
sapesse cosa ci ho fatto con il suo corpo… ho ancora la saliva
fresca dell’infermiera tra le cosce.
“Hai
una famiglia schifosa… non è venuto nessuno a trovarti! Solo
questi terribili fiori di tuo padre!” li butta rabbrividita nel
cestino.
“In
compenso è venuta la tua di famiglia e il tuo ragazzo… sapessi
come l’ho cacciato! Povero coglione!” sorrido.
“Ma
si, hai fatto bene… e ora come facciamo a riprenderci il nostro
corpo?”
Mmm…
ci penso… mi viene in mente lo sciamano che ho incontrato tempo fa
vicino al mio chalet in montagna… caspita se era fumato… però
Gianluca mi disse che i suoi riti funzionavano.
Vabbè
che Gianluca era fumato pure lui ma tentar non nuoce no?
“Appena
usciti dall’ospedale ci andiamo” le dico e sei giorni dopo siamo
bagagli alla mano e belli e pronti.
Cazzo…
perché nascondere questo ben di dio??? Continuo a toccarmi tutto…
mi ci stavo abituando… mi piace il mio culo femminile!
“Perché
dobbiamo andare dallo sciamano???” le chiedo lamentandomi.
“Per
questo, deficiente” si sbottona i pantaloni e mi mostra il cazzo…
sembra una fava moscia… e poi come cavolo si è vestita? Sembro un
damerino… certo che anche io… l’ho addobbata come se dovesse
andare a puttaneggiare in giro!
“E’
uno dei pochi sciamani emigrati in Italia” le dico durante il
viaggio nel mio fuoristrada nuovo da 100.000 euro “il mio amico
Gianluca dice che si trova in montagna e me lo ha segnato su una
cartina… eccolo qui… lasciamo la macchina in questo punto e lo
raggiungiamo a piedi”.
Sara
sbraita “Sicuro che lo troviamo?”
“Si,
sicuro, tranquilla”… no, sicuro un corno! Non lo so se lo
troviamo… mica quel tossico di Gian è affidabile… però se non
troviamo lo sciamano dovremo andare a cercarne uno chissà dove e poi
non ho voglia di sentire i suoi piagnistei.
Purtroppo
non me ne risparmia neanche uno nonostante il mio impegno… sono
stanca di camminare… odio i boschi… fa freddo… quando
arriviamo… mi illudevo che con il mio corpo resistente e da
strafigo non si sarebbe lamentata e invece l’esplorazione sta
diventando un incubo.
Sono
tre ore che ci aggiriamo per le montagne senza trovare traccia del
tizio, fa un freddo boia e inizio davvero a rompermi i coglioni che
non ho più.
E
pochi passi dopo… lo vedo!
Cioè
non vedo lui ma una tenda… allora Gian non si sbagliava!
E’
una grossa tenda bianco sporco e fuori c’è un fuoco spento.
Dall’interno fuoriescono strani fumi di svariati odori…
avvicinandoci riconosco l’odore della maria… ecco, mi sembra il
momento giusto per chiedermi a chi ci stiamo affidando!
Quando
entriamo troviamo l’uomo seduto a terra su un cuscino zozzo a
fumare beato.
“Permesso?”
chiedo.
“Prego,
entrate… risolverò il vostro problema” risponde a occhi chiusi.
“Grazie
mille, si ecco, noi… NOOOO, COME LO SA LEI???” risponde Sara “Non
siamo neanche arrivati che già sa che abbiamo un problema… lei è
davvero uno sciamano!” esclama con gli occhi pieni di gioia.
“No”
risponde l’uomo “mi ha telefonato il mio amico di città, quello
che compra da me l’erba!”
“Si,
Gian… vabbè, facciamola finita con questa storia” mi siedo
stizzito di fronte a lui e gli racconto tutto a sommi capi.
Lo
sciamano ci riflette un pochino… “Dovete fare sesso” conclude
“dovete fare sesso fra di voi… solo una volta che sarete fusi
anima e corpo i vostri spiriti ritorneranno nel tempio di
appartenenza!”
Ci
guardiamo in faccia, guardiamo lui… dove qui??? Glielo chiediamo
all’unisono.
“Si,
certo!” risponde “Io intanto preparo gli infusi e le candele per
il rito e cerco le formule giuste…” si alza e va in cerca.
Dopo
un po’ siamo nudi davanti al fuoco, circondati da candele che
neanche in chiesa ne accendono così tante… gli spifferi di freddo
mi fanno indirizzire i capezzoli e indurire le tette. Sara tenta
invano di tirar su il cazzo ma pochi secondi dopo essersi indurito le
si smolla.
Fortuna
che era una bella gnocca perché da uomo proprio non ci sa fare!
Lo
sciamano ci porge due scodelle con un intruglio puzzolente e ci
chiede di bere… Sara fa una faccia schifata e cerca di mandarlo
giù… mi osservo… caspita se sono figo… pure da schifato sono
uno schianto.
Beviamo
entrambi e l’effetto è immediato… sento il fuoco tra le gambe e
una voglia incontenibile. Osservo Sara che cerca di gestire il mio
cazzo, ormai preso da una erezione potente… non credo di averlo
avuto mai così, mi prende la voglia di succhiarmelo e lo faccio
chiedendole di avvicinarsi.
Tolgo
i capelli biondi dal viso e inizio a succhiarmi il glande. E’
strano sentirlo in bocca dopo aver potuto solo toccarlo e menarlo per
tutta la vita. Lo inumidisco ben bene e inizio a fare con la lingua
tutti quei giochetti che mi piacciono… lecco tutta l’asta, con le
mani accarezzo le palle, poi lo faccio affondare nella mia bocca e
mordicchio il glande. I brividi sulla pelle sono il segno che il mio
corpo sta godendo e Sara infatti ha reclinato la testa. Inizio a
segarmi con le mani mentre lo tengo stretto tra le labbra come a
risucchiarlo facendo attenzione a non esagerare per evitare che mi
venga in bocca.
E
lei cosa fa? Mi ferma e mi fa alzare in piedi. Mette la testa tra le
mie gambe e comincia a leccare il clitoride. Sento quelle gradevoli
scosse dell’ultima volta con l’infermiera e inizio ad accaldarmi…
la porca affonda le dita grosse nella figa e mi scopa con quelle…
ora si che mi sento un lago, un immenso lago di lava bollente.
Lo
sciamano si aggira intorno a noi recitando strane litanie e dopo un
po’ di sue parole sento l’impulso di essere scopato… “Scopami”
le chiedo e lei, come fosse in trance, smette di leccarmi e mi fa
distendere.
Ecco…
ora si che temo! Caspita se è grosso il mio cazzo e duro così non
ricordo di averlo mai avuto.
Allargo
le gambe e lei scivola dentro… sono così bagnato che quasi non lo
sentivo ma quel pompare… eccome se lo sento! Mi si aggrappa ai
glutei e me lo ficca tutto dentro facendomi gridare!
Mi
sento stordito… troppo donna per l’uomo che sono… appena
recupero il mio corpo mi scopo tutte quelle che mi capitano a tiro…
vedranno che stallone sono!
Ora
che sono più rilassato sento meglio i colpi… lo sciamano incita
Sara a scoparmi più forte e lei accellera col fiatone che le sale.
Cambiato il ritmo cambiano le sensazioni dentro me. Sento le vampate
di fuoco in tutto il corpo e il formicolio di sfregamento contro le
pareti della figa. Che sia l’orgasmo vaginale che si avvicina? Non
posso più riflettere, non riesco, so solo che ho forti contrazioni,
sento il cazzo che mi tocca lo stomaco e spinge e Sara che grugnisce
quasi… dio mio che sensazione… quasi sembra di cadere nel vuoto.
Il
piacere si concentra tutto in quell’unico punto dopo il cazzo
strofina… non sento nulla se non le contrazioni e i brividi sulla
pelle… vengo… dio mio vengo… vengooooooooooo!!!
E
un getto caldo dentro… è venuta anche lei contemporaneamente… ha
sborrato e ora si è accasciata.
Anche
io ho una strana debolezza e la testa che gira….
Caspita
che pugno nello stomaco che sento… ad occhi socchiusi rifletto…
cos’è che ho fatto l’ultima volta? Perchè sono qui?
…
Siiiiiiii!!!
Il mio corpo… mi tocco… no… nooooooooo! Ho le tette ancora!!!
Vorrei
quasi piangere… lo sapevo che non dovevo fidarmi di quel cannista
di Gian.
Sveglio
Sara e la trascino nel fuoristrada ancora mezza assonnata lasciando
lo sciamano con un bel vaffanculo come ringraziamento.
Io
guido e lei parla a venvera… ha uno strano luccichio negli occhi e
mi guarda le cosce….
“Sto
guidando… non fare la stronza Sara che non è giornata” le dico
ma lei se ne frega.
“Mmmm…
che belle cosce… che profumo di figa… lo sento che stai
sbrodolando, sai?” mi risponde e infila una mano sotto la gonna di
jeans.
Quel
tocco è qualcosa di irresistibile e non posso fare a meno di
allargare le cosce… caspita che goduria, che tocco delicato… e
quando si insinua a toccare il clitoride??? Wow!!!
Guido
quasi scivolando sulla strada mentre ho di nuovo i tremori di un
orgasmo… siamo in curva, tento di frenare ma vengo… mollo il
pedale del freno e ci schiantiamo contro un albero… sobbalziamo
battendo contro gli airbag… esce il fumo dal cofano… sento il
freddo… poi… il buio.
Apro
gli occhi. Stavolta sono già in un lettino.
“Ben
svegliato” risponde l’infermiere “per fortuna tu e le ragazza
siete ancora vivi.” termina con la flebo ed esce dalla stanza.
Mi
volto… a lato sul comodino altri fiori e un biglietto, “tanti
saluti dal Perù… ti auguro di riprenderti presto figliolo… bla
bla bla…”
…???
Sono
uomo??? Sono di nuovo me stesso???
Mi
alzo a fatica e mi osservo le braccia, le mani, le gambe… mi scopro
e mi osservo tutto… DIO GRAZIE! SONO TORNATO UOMO!
Entra
Martina, smagrita da paura più di quanto non fosse, e mi salta al
collo piangente.
“Vuoi
farmi morire di crepacuore?” mi dice “Non farmi più scherzi del
genere, stronzo!”
“Io
stronzo??? Ma se l’ultima volta che ho fatto un incidente non ti
sei neanche degnata di vedere come stavo!” eh no… stronza sarà
lei!
“Ultima
volta quale???”
“Quello
di una settimana fa!” le rispondo.
Mi
guarda… mi tocca la fronte… non ho febbre “Quando??? Ma se sei
rimasto in coma per dieci giorni!”
giovedì 26 aprile 2018
martedì 24 aprile 2018
IMMEDESIMAZIONE. di Ambra.
Hey… ricordi la promessa?
Un testo tutto per te?
Eccolo qui, questo, una mia fantasia,
che ti spiegherò in ogni dettaglio.
Ti piacerebbe esserne protagonista?
Puoi immedesimarti se vuoi… sappi che
la donna del racconto sono io.
Dove si svolge? Dove sono?
Questo non lo so… apro gli occhi e
vedo il buio.
Vorrei toccarmeli ma non posso, ho le
mani legate dietro la schiena, una corda liscissima mi cinge i polsi
e le caviglie.
Sono poggiata su di un giaciglio
morbido, lo sento se vi sfrego le gambe e i piedi, ho un vestitino
leggero, corto, se mi sposto sento la gonna alzarsi e scoprirmi le
gambe.
L’aria della stanza è fresca ma non
fastidiosa, sento un respiro nella stanza, rimbomba… vorrei parlare
ma per dire cosa?
Dove sono?
Cosa ci faccio qui?
In effetti non ricordo come ci sono
finita qui….
Ma sento dei passi… passi di piedi
scalzi e un peso che siede affianco a me.
E’ un uomo, me ne accorgo dal timbro
di voce, ma non so chi sia… non lo riconosco.
Mi dice di tacere, di rimanere
immobile, dice che se lo farò ne trarrò solo vantaggio altrimenti…
sarà tutta colpa mia.
La sua voce è bassa e calma, sussurra
al mio orecchio come se nessuno dovesse sentirci, ma il suo
sussurrare mi mette i brividi.
Si alza, si allontana poco e poi torna
mentre io cerco con l’udito di indovinarne i movimenti.
Mi mette una mano dietro la nuca e me
la fa chinare.
Sento un freddo improvviso sul collo e
sulla schiena, è il contatto della mia pelle col metallo di un
oggetto. Fa scorrere la punta l’oggetto sulle mie spalle scendendo
giù verso il mio sedere, poi con questo mi risale le gambe, dai
piedi alle cosce infilandosi sotto il vestito.
Mi chiede se ho capito, se so che
oggetto brandisce… rispondo di no.
Mi toglie la benda e la luce mi investe
gli occhi all’improvviso. Mi accorgo di essere in una stanza dalle
pareti scure, avvolti in una leggera penombra ma riesco ad
intravedere la sagoma di un uomo, indossa solo un pantalone largo e
nero, è scalzo, a torso nudo.
E’ in piedi di fronte a me e mi
mostra un coltello dalla lama sottile e l’impugnatura lavorata,
sembra un oggetto antico.
Si avvicina sinuoso, quasi strisciando,
e me lo punta al mento… lo fa scendere giù per la gola fin sui
seni e sul ventre e gode del fremito del mio corpo causato dalla
paura verso l’arma.
Due sono le domande che mi sto ponendo:
per cosa lo userà? Soprattutto, lo saprà usare?
Spero non mi faccia male.
Parte ancora dai miei piedi risalendo
su, verso le cosce e scansandomi il vestito lasciandomi con le gambe
del tutto scoperte.
“Basta giocare” mi dice.
Si avvicina e sale a cavalcioni su di
me spingendomi sul letto con una mano al collo.
Passa la punta del coltello dentro il
vestito e inizia a tagliarlo… una spallina, quella del vestito e
del reggiseno… una spalla rimane scoperta, lui la bacia, la lecca,
la morde.
Poi l’altra spalla con uno strappo
più forte… chiudo gli occhi per la paura. Quando li riapro mi
guarda compiaciuto.
Lo fisso diritto negli occhi, potessi
muovermi lo ammazzerei! Gli farei sparire quello stupido sorrisino
dalla faccia!
Lo guardo con aria di sfida… lui mi
spinge il collo forte sul letto e con l’altra mano mi fruga tra i
seni in modo veloce… li scopre e li morde facendomi urlare e gemere
mentre i capezzoli si fanno all’improvviso duri e ritti.
Prende ancora il coltello e me lo passa
tra i due seni, su e giù, lo punta al centro, tra le costole, e
sogghigna… più mi fissa più ho paura ma… al contempo… il suo
sguardo voglioso mi eccita... mi sento bagnare….
Passa la lama sul mio ventre facendo a
brandelli il vestito e l’intimo e lasciandomi nuda sul letto,
esposta ai suoi occhi, senza possibilità di nascondermi o, per lo
meno, di coprirmi.
Sai cosa fa ora?
Tu cosa mi faresti a questo punto, eh?
Distesa su un letto… legata… nuda…
eccitata… sono lì e non aspetto altro, non è il fendente di una
lama che voglio… la mia figa pulsante reclama a gran voce… pulsa
forte mentre cola, umida… desidera il suo cazzo… paura ed
eccitazione mescolate, amplificano il piacere esasperandolo.
Lui mi slega i piedi e mi allarga le
gambe… con le mani mi trattiene dalle ginocchia e si spinge in
avanti per guardarmi meglio… osserva con occhio curioso e inizia a
frugarmi con le mani mentre io mi contorco dal piacere.
Socchiudo gli occhi e mi abbandono ma
d’improvviso sento un forte brivido e mi sfugge un gemito più
forte. Sento di nuovo il freddo della lama poggiata sulle grandi
labbra… sudo freddo, lui tiene il coltello davanti e la sfiora nei
più svariati punti, ogni volta mi sfugge un gemito di paura.
“E’ bella la tua fica… è così
bella che voglio rovinartela… voglio vederla sfatta, sgualcita…”.
Si cala i pantaloni e mi mostra un
membro durissimo, bello come il tuo… si… somiglia proprio al tuo…
lungo… molto lungo e spesso, da spaccarmi in due… una bella
cappella liscia, scoperta, dura da mordere… lo desidero, lo voglio
dentro subito, senza tanti preamboli.
E lui mi accontenta.
Spunta su una mano e se la passa sul
membro accarezzandolo come si pulisce un ottone, ci passa più volte
sopra e si compiace della sua erezione.
Mi allarga le gambe e mi penetra con
sforzo fissandomi in volto.
“Non chiudere gli occhi! Non ti
azzardare, sai!!!” mi intima.
Li apro e lo vedo su di me, sento nel
ventre un colpo secco e un improvviso fremito di dolore, un fuoco che
si propaga dentro fino a risalirmi in volto e sento le guance
arrossarmi.
Inizia a scoparmi da animale, mi tiene
per le cosce e lo spinge tutto dentro, colpo dopo colpo, colpi lenti
e forti che mi fanno sussultare. Mi viene la pelle d’oca e i crampi
in fondo al ventre dove il suo cazzo tocca il mio fondo e lo spinge,
spinge tanto da premermi lo stomaco, da sentirlo nel profondo. Grida,
mi grida che sono una puttanella, che lui è certo che io lo voglio
tutto dentro fino alle palle, anzi anche quelle dentro, perché le
puttanelle come me godono così.
Mi allarga sempre di più le gambe e
aumenta il ritmo, molti colpi ma più veloci, sento il suo pelo
solleticarmi il clitoride e l’orgasmo approssimarsi ma lui me lo
impedisce.
“Non devi venire! No! Verrai quando
te lo dico io!” urla.
Esce e mi volta, mi solleva dalla
pancia e mi mette a pecora.
Non riesco a oppormi, ho le gambe
tremolanti e indolenzite.
Lo sento aprirmi le natiche e leccarmi
il buco mentre con le dita lo allarga.
Infila prima un dito insalivato, poi
due, poi tre e il pollice. Mi scopa con le dita, non riesco a
resistere e mi inarco, tanto è forte l’effetto che mi fa.
“Ti piace, eh? Lo so che ti piace
prenderlo nel culo, sei porca… ti piace tutto… e io ti vengo pure
nel culo!”.
Lo infila, spinge un po’ a fatica ma
dentro scorre liscio e sento le sue palle sbattermi contro la figa.
Mi mette le mani sul culo e spinge
piano, cerca di scorrere, un po’ sforza, ma pian piano accellera il
ritmo. Si abbassa su di me, poggia il suo petto alla mia schiena e si
artiglia con le mani ai miei seni mentre dietro mi sbatte.
“Vuoi venire?” mi dice in un
orecchio mentre io ansimo “Ora ti faccio venire io, ti faccio
vedere com’è che si viene… in che modo un uomo deve possedere e
deve far godere… non come tutte quelle mezze seghe che ti porti a
letto… puttana che sei!”.
Si alza da me e continua a fottere
piano, si lecca un dito e lo mette sul mio clitoride. Lo fa vibrare,
spingendolo da destra a sinistra ad un ritmo velocissimo mentre sento
l’orgasmo che si approssima, il piacere che sale… non riesco a
smettere di ansimare sempre più forte… i miei respiri pesanti si
trasformano in veri e propri gemiti di godimento. L’orgasmo mi
coglie all’improvviso, come un’ondata… un orgasmo multiplo…
sento il piacere che sale, tocca l’apice e poi ridiscende per
risalire ancora e ancora… più volte… non smette… quasi
impazzisco… lo imploro di smettere.
Lui grugnisce forte e viene dentro me,
nel mio culo.
Sento i fiotti di sperma che mi colano
tra le gambe… mi accascio distrutta dal troppo piacere.
Lui si alza, mi volto a guardarlo e mi
accorgo che ha il tuo viso… ha i tuoi occhi… la tua faccia da
porco.
Inizio a chiedermi com’è possibile…
noi non ci siamo mai incontrati… dio sa se ci incontreremo mai….
ma che diav…………………!
Mi sveglio di soprassalto, col fiatone…
sono nel mio letto… il piumone l’ho rovesciato a terra a calci
per l’eccitazione… ti ho sognato stanotte.
Vado in bagno… mi abbasso gli slip e
mi accorgo di avere la figa allargata e arrossata e di essere tutta
bagnata….
lunedì 23 aprile 2018
QUELLO CHE A ME MANCA. Di Ambra.
Quello
che a me manca
E
così, tutto nudo disteso a fianco a me e io nuda a mia volta, ti
chiedo di lasciarti osservare.
Mi
accontenti senza storie e mentre parli io do poca retta ai tuoi
discorsi.
Mi
spiace, lo so, sono così. Spesso distratta. Non che non ti ascolti
ma a volte non posso fare a meno di rifuggire i tuoi pensieri e
soffermarmi sui particolari che attirano il mio sguardo.
E
mentre tu perseveri ad espormi i tuoi ragionamenti la mia mano scorre
sulla tua schiena liscia fino a sfiorare il tuo sedere.
Ci
passo più volte le mani sopra strizzandolo di poco, tastandolo,
palpandolo, massaggiandolo alternativamente.
Mi
sollevo da semidistesa com’ero e ti scavalco sedendomi proprio su
di te, in corrispondenza delle tue natiche e continuo a toccarle,
sollevandole con entrambe le mani in brevi movimenti circolari.
Hai
smesso di parlare, conscio dell’assenza della mia attenzione, e ti
sei concentrato su di me e su ciò che io faccio.
Mi
calo di poco e col naso sfioro la tua pelle.
Ti
lecco con la lingua, ti bagno ben bene, ti addento.
Inizio
a mordere e a suggere la tua pelle così soda… godo del tuo culo
che mi fa impazzire.
Succhio
più volte, rilascio e risucchio, stringo coi denti fino a lasciarci
i segni.
Sollevo
il volto e li contemplo. Studio le sfumature del rosso stampate sulla
tua pelle pallida e i miei denti leggermente impressi nella tua
carne.
Se
potessi… se potessi ti scoperei.
E il
pensiero spontaneo che mi sorge mi spinge istintivamente a muovermi
su di te.
Simulo
una penetrazione nei movimenti.
Ondeggio
su di te più volte carezzandoti la schiena.
Inizio
a scoparti come fai tu con me. Inizio a fantasticare sul farlo.
Il
mio ondeggiare si trasforma in spinte più forti e le mie mani non ti
avvolgono più in sensuali carezze ma si trasformano in schiaffi e
sculacciate.
Mi
spingo più forte smuovendo te e il letto su cui siamo.
Lo
sai cosa sei ora? Lo sai?
Sei
la mia puttana.
E’
questo che sei.
Sorridi,
quasi ridi di me.
Cosa
c’è? Vorrei avere il cazzo ora… vorrei averne uno mio tra le
gambe, sentire lo strisciare della mia carne che ti penetra e provare
i brividi del godimento. Non un piacere mentale ma fisico. Godere
come gode un uomo.
E sai
cosa farei ora bella puttana?
Ti
inculerei.
Infilerei
la punta del mio cazzo dentro te e ti sentirei sussultare dallo
sforzo di contenermi mentre tento di fotterti.
Così
dicendo mi sfioro il clitoride turgido di eccitazione e con
nervosismo e foga riprendo a fingere di scoparti, a dirti che sei
troia perché mi dai il culo, a incitarti a gridare come tu fai con
me.
Grida
puttana, grida!
Sorridi
ancora ma rimani inerme sul letto, disteso sotto il mio corpo nudo.
Cazzo,
grida puttana! Grida mentre ti scopo!
Con
un colpo più forte delle anche ti scuoto mentre le mie dita sono
ormai impresse su di te in più colpi che schioccano. Prima uno, poi
due, poi tre botte e il rumore degli schiaffi rimbomba sordo nella
stanza.
Ti
volti scrollandomi di dosso e d’improvviso ti ritrovo su di me ad
afferrarmi con forza schiacciandomi sul materasso.
Ora
basta… Ambra, ora basta.
E
piazzato tra le mie cosce ti sento penetrarmi mentre mi reggi stretta
dalle braccia.
Socchiudo
gli occhi, poco mi inarco e mi sfuggono alcuni gemiti.
Così
mi vuoi… potermi piegare, se puoi, se ci riesci. Con il sesso e con
la forza.
Ti
adoro quando fai così.
DIARIO DI UN PORCO.
Diario
di un porco.
Sottotitolo:
Le
donne sono tutte puttane?
Si
dice che il denaro non dia la felicità.
E’
una sciocchezza. Lo sai tu e lo so io. Usalo bene e sarai felice. Nel
limite del possibile. Chi dice che il denaro è la merda del diavolo
ti vuole far fesso. E’ solo che il suo non lo vuole dividere con
te… e magari ha adocchiato il tuo gruzzoletto e te lo vuole
fregare.
Non
le pago le donne…
O
almeno non abitualmente.
Una
volta si… eccome!
Ero un puttaniere a tempo pieno, ma solo perché
non volevo perdere tempo a far aprire loro le gambe, mi sembrava
tempo sprecato.
Beh…?
Apprezzate
la franchezza, no?
Uno ogni tanto che non ha ipocrisia e dice la
verità.
Ora
uso il denaro.
Certo…
non tutte sono al mio livello, tante sono inavvicinabili. Dovrei
svenarmi per averle, fare un mutuo a vent'anni e non basterebbe. Ma
mica puoi scoparti tutte le donne del mondo.
Pazienza! Bisogna saper
scegliere il meglio possibile.
Ma
comunque è solo questione di prezzo.
Le
donne sono su diversi piani di puttanaggine ma tutte puttane sono!
Tutte.
Bisogna
saperla gestire questa cosa, cercare di non violentare la loro
suscettibilità, aggirarle, affascinarle un po’.
Guardate
queste due…
Sono
sorelle, non si direbbe vero? Non si assomigliano per nulla. Hanno 24
e 23 anni.
I
nomi?? Come cazzo si chiamano? Ma che razza di nomi hanno?
Impronunciabili.
Boh…
le chiamerò una tesoro e l’altra amore, che ne dite?
Così non
sbaglio.
Allora
“Tesoro” è la più carina e la più vecchia ma sembra la più
giovane, la più giovane, “Amore”, sembra la più vecchia ma è
più puttana della più giovane. Ma la più giovane è più alta
della più vecchia. La più vecchia ha meno seno della più giovane
ma la più giovane non ha il culo della più vecchia.
Capito?
Allora
adocchio Tesoro, è una impiegata al banco del grande complesso dove
mi trovo.
Mi avvicino e inizio a parlare del più e del meno.
Cioè all'incirca così:
Come
ti chiami…
Che
sciccheria sei…
Scopi…?
Capisce
forse la metà di quello che dico ma l’ultima cosa non le sfugge.
In risposta ai suoi risolini prendo una banconota
e con discrezione, senza farmi notare, gliela metto fra i seni
appuntiti, che roba! I capezzoli che sembrano puntine da disegno…
pungono proprio!
Lei
si schermisce, finge una protesta simbolica. Mi guarda imbronciata.
Fa l’offesa.
Poi…
Leva
la banconota e sbalordisce!
Si…
si…! Tesoro bello! Sono cento bei dollaroni!
Tu
che ti credevi?? Un misero dollaro? Due? Beh… ora i suoi occhi
sono lucidi.
Ahah… donne! Che puttane siete!
Ora
divento, da subito, il suo caro Lus, si si… distorce il mio nome
ma cosa volete che sia? L’amo è infilato per bene nel delizioso
palato, nella sua deliziosa boccuccia.
Dura
due giorni l’inseguimento poi riesco a portarla in camera.
Quel
corpicino da adolescente, il suo culetto piccolo e sodo. Il piccolo
seno che ti sta nel palmo delle mani. La sua figa depilata, quello
spacco deciso fra le cosce. E il suo modo di fare sesso, il suo
inarcarsi quando è in preda all'orgasmo, quello che mi stupisce è
la sua figa, con il mio dito teso le tocco l’apice dell’utero ma
poi prende il mio cazzo fino al pelo senza difficoltà e i suoi versi
mentre gode? I suoi gemiti che sono dei singulti, sembra che pianga.
E
la sua bocca? Quella piccola bocca? Vederla lavorare con la dovuta
solerzia la mia asta di carne, divorarla… inserirsela in gola,
renderla alla luce lucida della sua saliva e riprenderla in un gioco
senza fine.
Il
giorno dopo al banco mi dice che vuole farmi conoscere sua sorella
più giovane, si si… esatto quella più giovane, meno bella ma più
puttana.
Mi
dice: Sai… Lus… mia sorella deve sposarsi.
Ahah…
siete lenti di comprendonio voi? Io no! Capisco al volo, bene… un
regalino anche a lei, a buon rendere, no?
E
il buon rendere arriva presto, senza problemi. Vi dicevo che era la
più puttana? Volete sapere come mi ha steso? Quando ha finito non
riuscivo neanche a raggiungere il bagno, non che lei fosse tanto in
forma. Ma almeno aveva dalla sua la giovane età.
Il
recupero veloce.
Io
meno.
T.
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