La
piaga è dolorosa, una ferita rimarginata a fatica all'avambraccio e parte della mano destra. Le componenti dell’aggressore chimico
che l’hanno colpito sono ancora ignote nonostante i continui esami
eseguiti dopo i prelievi di cute. Le cure sono difficili, gli
apprendisti stregoni che si definiscono medici si mettono il loro bel
camice bianco, lo visitano e provano sempre nuovi farmaci senza un
gran successo. Degli incapaci, li ha etichettati fin dall'inizio. Macellai. Segaossa. Neppure un clistere come si deve saprebbero fare.
Fottuti scalda sedie.
Deve
imbottirsi di antidolorifici, psicofarmaci, droghe per combattere il
dolore.
E
l’esercito?
Quello che era la sua famiglia? La sua vita? Il suo
passato e che doveva essere il suo presente e futuro? Come sempre non
mostra la minima considerazione, né umanità per chi l’ha servito
per parte della sua esistenza. Dopo il lungo periodo di malattia
passato negli ospedali lo hanno messo a riposo per inabilità fisica
con una indennità mensile. Non sono pochi soldi ma non è quello
che lui vuole per se stesso.
Si sente solo.
Perso come un bambino
senza appoggi. Inadatto ad inserirsi in una nuova vita.
Ha
preso alloggio in un piccolo hotel economico, una stanza anonima con
mobili consunti dal tempo, sempre meglio della asettica camera
dell’ospedale dove ha passato lunghi mesi.
Parte
del tempo lo passa disteso sul letto, occhi al soffitto, la mano sana
sotto la testa, l’altra distesa e ascolta vecchia musica, adora
Jimi H. e Morrison. Fuma, alterna sigarette alla cannabis. Beve dalla
bottiglia lunghe sorsate di tequila. Quando sente battere la mano
anticipa il dolore perché sa che diventerà presto lancinante e
prende dosi di antidolorifico sempre più consistenti e sempre più
ravvicinate.
Nel
tardo pomeriggio come sempre esce.
Indossa
degli jeans sdruciti e una t-shirt, usa volentieri quelle degli Hard
Rock Cafè, ne ha decine, di ogni parte del mondo, acquistate in loco
o in rete e lavate nelle lavanderie a gettone mille volte.
Se
la giornata è fredda mette un giubbetto liso quanto lui. Esce e per
prima cosa combatte la sua depressione entrando nel bar più vicino
per farsi un paio di birre.
Al
solito trova un giovialone perditempo, sempre diverso, che non ha
niente di meglio da fare che chiedergli cosa ha fatto alla mano, la
risposta è la medesima da tempo ormai, risponde che se l’è
rovinata a forza di farsi seghe. Condivide la risata del buontempone
con un ghigno e non gli da corda. D’altra parte il suo aspetto non
incoraggia certo a proseguire la discussione, la sua aria scostante
non invita al dialogo e notano anche il suo sguardo cattivo. Il
bontempone di turno rinuncia.
Più
tardi mangia qualcosa, non gli importa cosa, basta che sia
commestibile. E si mette alla ricerca dei suoi antidepressivi
personali.
Figa…
che cerca in qualche chiavatoio, gli piacciono le puttana un po’
sfatte, alla fine della carriera, vuole qualcosa di particolare ed è
più facile che sia qualcuna in difficoltà che glielo conceda. Lui
vuole scopare con violenza, usare figa e culo e non usare nessun tipo
di precauzione, perso come è in una sindrome di autodistruzione. Gli
piace essere violento, mordere forte i capezzoli e percuotere i seni
e le natiche non più tanto sode delle donne che scopa. Sfoga su di
loro la rabbia che cova, il risentimento verso il destino. Le paga,
in cambio di questo, molto di più della tariffa solita. Gli sembra
uno scambio alla pari, denaro per un po’ della loro sofferenza.
Poi
succede qualcosa che cambia tutto, la sua mente collassa.
Tutto sfuma
in una moltitudine di scenari, dall'Eritrea, alla Somalia e via via fino
ai Balcani, cacce solitarie in viaggi senza inizio né fine, paesaggi
devastati, guerre che si confondono con altre guerre, gente con altra
gente, morti con altri morti.
La
sera, la donna che ha rimorchiato e portato in una stanza d’albergo,
si rifiuta di fare sesso alla sua maniera, fa la difficile, non vuole
scopare senza precauzioni, rifiuta anche se il soldato è disposto a
moltiplicare due, tre… dieci volte il prezzo della marchetta. Il
soldato s’infuria e la colpisce duramente sul viso con la mano
segnata e se ne va. Prende a bere passando da un locale all'altro.
Il suo risentimento cresce quanto la violenza repressa che non ha
trovato sfogo.
In
un bar osserva un uomo, è quasi sicuro di averlo visto vestito da
ufficiale in qualche caserma, lo ascolta e se ne convince. E si
scatena la sua rabbia come fosse una molla a lungo compressa e infine
rilasciata, l’uomo diventa la sua vittima, su di lui il soldato
riversa tutto l’odio che prima era generalizzato verso il mondo
intero.
Lo
odia in una maniera irrazionale.
Questi…
l’ufficiale o presunto tale, diventerà la sua valvola di sfogo per
questa notte. Quando l’uomo lascia il locale il soldato lo segue e
appena ne ha l’occasione, in un passaggio in una strada deserta e
buia, lo avvicina. Il soldato è stato addestrato ad uccidere, era il
migliore nel suo genere, sa uccidere facilmente e rapidamente anche a
mani nude.
Lascia la sua vittima a terra e si sente stranamente
sollevato, leggero. E’ quasi mattina quando rientra e si butta sul
letto. Ingoia una manciata di antidolorifici e si annulla in un sonno
pieno di sogni allucinati.
Vita
dura, trovarsi a ventotto anni senza casa e senza lavoro. Deve
muovere il culo quindi, darsi da fare.
Nulla
di paragonabile a quando suo marito era in vita, quando arrivava
puntuale il bonifico in banca. Non hanno risparmiato, sbagliando, ma
tutto sembrava durare per l’eternità. I viaggi, i bei e costosi
vestiti acquistati senza problemi, la vita nel lusso. Poi? Il tragico
incidente! E lei cade nella miseria.
E’
una bella donna, bruna, la cosa che più la contraddistingue è il
seno. Un grosso florido seno che provoca in ogni uomo che lo ammira
pensieri libidinosi.
Cerca
lavoro.
Deve.
Fa molteplici domande d’assunzione e si presenta per i colloqui, ma
le sue capacità non sono all'altezza del compito e non viene presa
seriamente in considerazione.
Quando
mostrano interesse le fanno delle proposte inequivocabili, vuole il
lavoro?
Si?
Ebbene…
deve farsi scopare, dimostrarsi disponibile. Tutto si riduce a
questo, la cosa è tanto ripetitiva che sembra la normalità. Una
ovvietà.
Alla
fine cede.
Si
presenta ad un ennesimo incontro, la fanno entrare nell'ufficio del
principale.
Questi
è dietro alla pesante scrivania, un uomo grosso, corpulento.
La
guarda con attenzione, mostra visibilmente il suo gradimento per
l’aspetto fisico di lei e tralascia ogni altro preliminare. Le dice
crudamente…
-Vuoi
il lavoro? Ti prendo come segretaria particolare, avrai un buon
stipendio, basta che mi dimostri di valerlo, vieni qui, ti metti in
ginocchio, me lo tiri fuori e mi fai un pompino senza far cadere
neppure una goccia sui pantaloni…-
Le
fa cenno di girare attorno e di raggiungerlo.
Lei
ci pensa ma per poco, la prima cosa che desidererebbe fare è correre
via, la seconda quella di mordergli il cazzo così forte da evirarlo,
ma è stanca, stanca di lottare. Ormai vuole scegliere la via più
facile, la meno faticosa e si adegua.
Si
mette in ginocchio fra le gambe dell’uomo e glielo libera, lo tira
fuori e prende ad accarezzarlo, sta maneggiando un grosso membro
scuro con il glande quasi completamente coperto. Spera di riuscire a
farlo venire presto e si impegna solo per questo. Lo accarezza, passa
la mano sull'asta piena di grosse vene in rilievo, sente sotto la
forte nervatura, gli stringe lo scroto. Avvicina la bocca e lo bagna
con la propria saliva. Con le labbra spinge sull’asta la pelle del
prepuzio e scopre la grossa cappella scura, bagna ancora e prende a
lavorarlo con la bocca. Se lo introduce in bocca sempre più a fondo,
si stacca e passa la lingua sul frenulo e lungo l’asta. Torna e
baciarlo, lo bacia e lo bagna, se lo introduce fino a dove le è
possibile e controlla lo stimolo del vomito.
Lui,
il grosso uomo, è appoggiato allo schienale della poltrona, paonazzo
in viso e le tiene la testa con ambedue le mani. La tira a sé per
farle inghiottire tutta la sua sbarra di carne dura, le scopa così
la bocca, tirandola e allontanandola. Lei lo fa ma senza molta
partecipazione. Non è coinvolta.
-Come
sai succhiare bene! Più di una troia di mestiere! Che bocca hai!
Godi il mio cazzo, vero? Ora… fammi venire e bevi tutto! Bevi
tutto…!!!-
Con
rantolo gode e con vari ripetuti getti le riempie la bocca.
Le
alza il viso verso di se tirandola per i capelli.
-Fammi
vedere quanta ne ho fatta! Apri la bocca… e fammi vedere!-
Lei
apre la bocca e gli mostra quanto è piena del suo sperma.
-E
ora bevila… tutta… inghiotti puttana…-
Riceve
il posto, inizia immediatamente.
Si
sente puttana, ma non è una cattiva sensazione. Anzi, le sembra di
aver trovato una nuova dimensione. Il suo compito, lo capisce subito,
è di essere la troia a disposizione del principale.
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