La
storia di Marc non è una storia di amore.
E’
una storia di odio.
Di
un odio viscerale, ottenebrante. Un odio alimentato continuamente,
attimo dopo attimo da fiumi torrentizi di rimpianti e di voglia di
rivalsa. Di sensi di colpa.
Marc è ora un soldato di ventura.
Un mercenario.
Fisicamente un bell'uomo, ha il fascino inquietante di un serpente. Il suo corpo da l’impressione di una molla compressa. Che sia sempre fulmineamente pronto a scattare. A colpire.
Bruno. Capelli lisci. Dei baffi neri.
Meno attraente è il suo comportamento. Il suo modo di fare è sprezzante,derisorio. Odioso. Poi se poi perdura il contatto… si nota una crepa di fondo nel suo essere. Nel suo carattere.
Per capire il suo personaggio si deve parlare della sua infanzia, della sua famiglia, dell’ambiente nel quale è cresciuto.
Per chi ha letto Conrad… e
precisamente Cuore di Tenebra, troverà delle vaghe somiglianze.
Senza pretesa alcuna di assomigliare lontanamente al grande Autore…
vi dico che questa storia è una storia vera.
Marc nasce nel Congo. Allora
conosciuto come Congo Belga. La sua famiglia è una famiglia di
latifondisti, proprietaria di immensi territori lungo il corso del
grande fiume.
Si deve parlare del trascorso
coloniale del Congo. Del genocidio che vi venne perpetrato. Il re
Leopoldo II ne promosse la colonizzazione e lo sfruttamento. Ora è
chiarito che si tratta di una terra ricchissima di materie prime,
alcune delle quali rare o rarissime e di immenso interesse
strategico, ma allora l’interesse economico era ristretto al
caucciù, all'albero della gomma. La foresta tropicale è
lussureggiante e piena di vita ma stranamente poco disposta a
concedere una esistenza facile. Le coltivazioni se appena trascurate
vengono fagocitate dalla foresta. E’ una lotta durissima e senza
tregua. La colonizzazione e lo sfruttamento del Congo causarono un
genocidio. Si… è così. Dai tre ai dieci milioni di vittime. I
proprietari terrieri bianchi provenienti dal Belgio non avevano modo
per costringere al lavoro coatto gli appartenenti delle varie etnie
che vivevano a ridosso del grande fiume se non il terrore.
Avventurieri prezzolati percorrevano
il fiume e seminavano la morte. A chi si rifiutava di lavorare e
senza retribuzione alcuna veniva mozzata la mano destra. Il Congo era
un paese di monchi. Le mani mozzate venivano raccolte in mucchi lungo
il fiume e ischeletrite venivano vendute in Europa come oggetto
curioso. Aveva un mercato fiorente come portacenere.
Marc nasce in questo ambiente.
Studia nel Belgio, la sua famiglia è ricca. Frequenta l’università
di Anversa. Poi al ritorno si incarica dell’amministrazione della
proprietà. Sposa una del suo ambiente. Simile a lui.
Non è capace di compassione. Vive
della certezza della superiorità razziale. Sfrutta senza scrupolo
alcuno uomini e ambiente. La sua famiglia si arricchisce durante il
secondo conflitto mondiale, la gomma è richiesta per
l’approvvigionamento bellico.
Dopo la guerra in tutto il mondo il
sistema coloniale va in crisi. Collassa. Kenya, India, altre colonie
ottengono l’indipendenza, il Congo ci prova anche ma è ancora oggi
terra di conquista.
Marc vive la trasformazione durante
l’adolescenza, la gioventù. Vede giorno dopo giorno la sua
sicurezza economica della sua famiglia vacillare. Vive i tempi di
Lumumba e di Mobuto. Della forza di intervento degli appartenenti
all’ONU, vive le rivolte e le sommosse. Vive la reazione dei
latifondisti culminata nella occupazione del Katanga da parte dei
mercenari bianchi. E… vive il terrore. Lo vive da possibile vittima
ora. Il terrore causato da bande di ex militari neri ormai allo
sbando che razziano, uccidono e violentano.
Le sue proprietà vengono
nazionalizzate. In pochi mesi il lavoro suo e delle generazioni che
lo hanno preceduto viene cancellato. La foresta si riprende tutto.
Alla fine deve lasciare il paese. In
fretta e furia e senza alcuna forma di compensazione economica. La
moglie da tempo vive in Europa con il loro unico figlio. Lui non li
ama. Non li ha mai amati. Non ne sente la mancanza.
Lui ha Shoorai.
La dolce Shoorai. Sua sorellastra.
Figlia non riconosciuta di suo padre e di una nera della etnia dei
bantu, tribù degli Ngbandi.
E’ bella Shoorai. La sua pelle
ambrata di mulatta. I lineamenti fini di un cammeo. I cappelli neri e
ricci. Gli occhi lucenti. Una opera d’arte della creazione.
L’amore di Marc per Shoonai è
forte ma controverso. Lo vive più di passione che di sentimento.
Giacere per amore con una donna sia pur a metà indigena gli causa
conflitto. Eppure anche lui ha usufruito senza scrupoli del corpo di
molte donne locali. Come il padre. Come il nonno. Lo hanno sempre
ritenuto un loro diritto farlo.
Shoonai sa di essere sua sorella.
E’ passionale, si dedica al
piacere di Marc con tutta se stessa. Si dona completamente. Il suo
corpo madido di sudore durante gli amplessi luccica riflettendo la
luce delle lampade. Lei che si inarca mentre lui la possiede. I suoi
gemiti. I suoi lunghi orgasmi. L’odore forte, dolce e aspro del suo
corpo.
Marc le chiede di seguirlo
nell’esilio, Shoonai rifiuta. Sa che Marc non la vuole veramente.
Marc si vergognerebbe di lei, la vivrebbe nel disagio. Lei ne è
consapevole.
Shoonai pagherà caro l’essere
stata la sua amante. Pagherà con la vita. Poco dopo la partenza di
Marc verrà violentata e uccisa. Decine di uomini si pasceranno della
sua bellezza. Del suo corpo sarà fatto scempio.
Marc lo verrà a sapere più tardi,
al suo ritorno nel Congo.
Si… perché tornerà.
Strana la vita.
Qualche mese dopo l’incaricato
d’affari della Ambasciata Democratica del Congo lo contatta, gli
offre un incarico a tempo. Dovrà riorganizzare la raccolta del
caucciù lungo tutto il corso del fiume. Il sistema è collassato e
nessuno, in ambito locale, sembra sia in grado di organizzarlo
nuovamente.
Marc accetta.
Non accetta per Shoonai, della quale
comunque non sa ancora la sorte, non accetta per rivendicare la sua
precedente condizione.
Accetta per vendetta. Ha già nella
mente cosa e come fare.
Saprà di Shoonai.
Ora si accorge di averla amata.
Nella impossibilità di poterla
riavere vive l’angoscia di non aver pensato a lei. Di non averla
difesa. Sente la mancanza del suo calore. Del suo corpo. Della sua
dolcezza. Del suo amore.
Dura mesi l’opera di organizzare
quanto ha progettato. La sua vendetta verso il paese e ora anche
verso chi ha ucciso Shoonai.
Quasi ogni mese con molta
discontinuità arriva da Kingshasa il soldo per gli addetti alla
coltivazione e raccolta del caucciù, soldo che verrà quindi
ripartito tra i vari capotribù sotto la supervisione di Marc che ne
curerà anche l’inoltro e la consegna.
Non è una cifra enorme. Marc la
ritiene solo un piccolo indennizzo.
Nel frattempo individua i
responsabili della morte di Shoonai. Alcuni. I principali. Quelli più
in vista.
Moriranno.
Uno alla volta, a distanza di tempo.
Sarà il loro giustiziere e si
accorgerà di provare piacere ad uccidere, a torturare, a provocare
dolore e paura.
Moriranno fra atroci tormenti, lui
inciderà loro le carni, li mutilerà, taglierà loro lo scroto, il
pene e lo infilerà loro in bocca da morti. E non solo loro... nella
sua pazzia lui sterminerà ogni cosa che incontra durante le
spedizioni punitive. Cosparge il suo corpo con una biacca e nudo con
una maschera spaventosa corre per uccidere, sterminare, bruciare.
Al ritorno lava il suo corpo nelle
acque del fiume.
Sarà la sua dannazione scoprire
questa sua inclinazione.
Fugge con il denaro delle paghe,
s‘imbarca su un cargo.
Dopo alcune tappe, ormai ricercato
per il furto, approda in Centroamerica, dove il suo denaro finisce
presto.
Da dei contatti avuti con i
mercenari katanghesi si offre alle persone giuste e inizia la sua
seconda o terza vita.
Spesso è di impaccio ai compagni
d'armi.
Perde letteralmente la testa e
uccide.
Uccide senza un vero motivo. Uccide
uomini e donne di colore. E poi infierisce follemente sui corpi, a
volte costringendo i compagni ad allontanarlo a forza.
Una cosa è evidente.
Che non gli interessa vivere.
Rischia. Perennemente.
E come spesso accade la morte lo
ignora.
Si sa che preferisce cogliere coloro
che tengono alla vita, evita di intervenire su coloro che l’inferno
lo vivono già da vivi.
Che dire?
Nulla…
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